09/11/18

Le Edizioni Il Ciliegio a New York con Lucia Cannone


Lucia Cannone, curatrice della Collana stART, ha rappresentato Il Ciliegio a New York; ospite della Fiera del Libro Italiano e Bilingue.

di Lucia Cannone

Lo scorso 2 Novembre si è tenuta a New York, la prima Fiera del Libro Italiano e Bilingue  presso l’Istituto Italiano di Cultura sito 686 Park Ave. Si tratta della prima fiera del libro Italiano e bilingue (da un’idea dell’Ufficio Educativo del Consolato Generale d’Italia, in collaborazione con Elisa Conigliaro, giornalista scientifica, e IACE (The Italian American Committee on Education), un’organizzazione non-profit basata a New York e fondata nel 1975 con il fine di promuovere lo studio della lingua e della cultura italiana negli stati dell’area di New York, New Jersey and Connecticut. L’evento dedicato alle ultime novità in fatto di pubblicazioni, ebook, in Italiano per stranieri e bilingui (Italiano/Inglese) per le scuole primarie, e secondarie di primo e secondo grado è rivolto agli insegnanti di italiano. Le case editrici presenti erano: Alma Edizioni, Edilingua Edizioni, Editoriale Scienza, Edizioni IlCiliegio e Le Monnier/Mondadori Education.
Due autori, specializzati rispettivamente in arte contemporanea e scienze, hanno presentato le loro pubblicazioni agli insegnanti e ai dirigenti scolastici provenienti dai diversi stati: Washington, San Francisco, Boston e New York con un workshop. Sono stata una dei due autori a rappresentare la Casa Editrice Il Ciliegio con la Collana stART: i volumi bilingui per bambini dai 5 ai 9 anni in dedicati all'arte contemporanea.
L’altro autore presente è stato Matteo Farinella, che ha presentato il libro “Benvenuti a Cervellopoli”, edito da Editoriale Scienza: un libro per bambini dai nove anni di divulgazione scientifica che descrive il funzionamento del cervello.
Ho trovato molte affinità con Matteo, da una parte la sua formazione scientifica (dottorato in neuroscienze e la mia in ingegneria), l’altra la passione comune per il disegno e la scrittura e non ultimo e importante l’obiettivo di rendere accessibili a tutti argomenti come la scienza nel caso di Matteo, e l’arte nel caso dei miei volumi. Arte e Scienza sono due argomenti solo apparentemente lontani (Einstein scrisse: “Tutte le religioni, le arti e le scienze sono rami dello stesso albero…”).
Attraverso il mio workshop ho avuto il piacere di parlate del progetto della Collana stART, centrando l’attenzione sull’obiettivo ambizioso che Il Ciliegio si prefigge, ovvero quello di contribuire, attraverso l’arte, alla nascita della coscienza morale, civile ed etica dei bambini, introducendo concetti come: la capacità di riconoscere il proprio ruolo e la propria unicità all’interno della società; l’importanza di sviluppare una propria coscienza e di comprendere ciò che appare e ciò che è diverso da noi. Ho dunque spiegato che i bambini di età compresa tra i cinque e i dieci anni, età alla quale è rivolta la collana, cominciano a esercitare una propria coscienza e a definire un loro ruolo all’interno della famiglia, della scuola e del mondo. È dunque un momento importante per imparare a capire quali sono i propri confini, quelli degli altri, il rispetto per la diversità e l’apertura a quest’ultima. 
Attraverso la Collana stART si vuole avvicinare i bambini alla complessità del mondo degli adulti. I nostri bambini hanno oggi accesso a moltissime informazioni e prima rispetto a quanto avveniva un tempo. È importante dunque che gli adulti abbiano coscienza di ciò.
Ho anche spiegato il motivo della scelta di scrivere i libri in italiano e in inglese ovvero l’intento, non secondario, di dare l’opportunità di insegnare la lingua italiana o viceversa la lingua inglese a quelle famiglie dove il bilinguismo è presente. Ho anche spiegato che la Collana è un progetto dinamico ed è da leggere e utilizzare per costruire ogni volta qualcosa di nuovo con noi stessi e con i nostri figli: quando sono molto piccoli aiutandoli a cogliere le situazioni più vicine alla loro sfera emotiva, quando sono più grandi lasciando che siano loro stessi a cogliere direttamente e in maniera più profonda sfumature sempre nuove. Ho dunque concluso il mio intervento con la proiezione delle immagini di alcuni laboratori che ho tenuto. Molto bella ed emozionante è stata la proiezione delle immagini di alcuni disegni realizzati dai bambini a file laboratorio. Questo è sempre un momento molto intenso perché è la prova tangibile che l’arte come la musica sono due linguaggi universali che possono unire abbattendo tutte barriere.
Il progetto è stato accolto con entusiasmo ed è stato manifestato un interesse a utilizzare i volumi della Collana stART nei corsi di lingua italiana di alcune scuole di New York. La Fiera del libro Italiano e Bilingue per le scuole è stata dunque un’iniziativa molto interessante e un’opportunità che ho accolto con molto entusiasmo. Sono molto felice che i miei libri abbiano superato i confini nazionali.
Vorrei chiudere il mio racconto della meravigliosa esperienza nella Grande Mela con un immagine dell’opera di Yayoi Kusama scoperta passeggiando tra le strade di New York e che mi ha reso felice! 




 Lucia Cannone nasce a Canosa di Puglia, vive a Torino. Dopo il conseguimento della laurea in Ingegneria si trasferisce in Spagna e poi in Portogallo, dove lavoro per una multinazionale. La sua carriera artistica comincia con il disegno a china su carta. Si dedica adesso alla ricerca dei materiali, realizzando installazioni. Partecipa a fiere internazionali. Con Edizioni Il Ciliegio ha pubblicato, per la Collana stART: Il metodo Abramovic per i bambini (2017); Il mio nome è Banksy (2017); Il paese delle meraviglie di Yayoi Kusama (2018); Il mondo al contrario di Anish Kapoor (2018).

02/10/18

Sofonisba Anguissola, prima pittrice italiana di fama internazionale. La sua incredibile storia è ora un romanzo.


Ci sono vite che a raccontarle sono già un romanzo. Non hanno bisogno di un’ispirazione creativa per rivelarsi nella loro trama e nel loro intreccio. Nonostante ciò, quando intorno a una biografia si costruisce una narrazione letteraria, l’autore che si cimenta in questo tipo di opera si assume una pesante responsabilità: non può tradire lo spirito dei suoi protagonisti. È costretto a un lavoro cavilloso, a uno sforzo di immaginazione là dove la Storia con i suoi documenti non è arrivata. Chiara Montani ha accolto la sfida che le ha lanciato l’eroina di cui ha voluto scrivere; la pittrice Sofonisba Anguissola. Nell’articolo che pubblichiamo di seguito, Montani ci spiega chi era Sofonisba. Il suo romanzo, intitolato Sofonisba. I ritratti dell’anima, sarà nelle librerie il prossimo mese di novembre.  

La copertina di Sofonisba. I ritratti dell'anima
in uscita per Edizioni Il Ciliegio a novembre 2018
Avventurosa e intensa, la vita di Sofonisba Anguissola ha tutti i presupposti per appassionare al pari di un romanzo, o di un’ottima sceneggiatura per un film in costume. Questo è ciò che ho pensato la prima volta che mi sono imbattuta in questa straordinaria donna e artista, durante le lezioni di storia dell’arte tenute dal professor Caroli, ai tempi dell’Università.
E proprio con un romanzo ho voluto oggi raccontarla, concentrandomi solo sulla prima metà della lunghissima vita della pittrice. L’arte è il filo conduttore che si intreccia con l’ossatura della trama, facendosi strumento per portare alla luce caratteri, relazioni e stati d’animo. Nel rispetto della realtà storica e dei documenti giunti fino a noi, mi sono inserita con la fantasia fra le molte lacune biografiche e, usando spesso come guida anche i dipinti, ho attribuito ai personaggi emozioni e pensieri, in modo da trasformarli in soggetti letterari.

Nata a Cremona nel 1532 da un nobile attivo nella vita pubblica e artistica cittadina, Sofonisba manifesta una precoce inclinazione per le arti. Il padre, con una decisione per quel tempo inconcepibile, accetta di mandarla a lezione da Bernardino Campi, uno dei nomi più significativi sulla scena cremonese. In un’epoca in cui alle donne erano totalmente precluse la formazione e la pratica artistica, fatto salvo qualche rarissimo caso fra le mura di un convento, Sofonisba diventa in breve una ritrattista tanto ricercata e apprezzata da suscitare l’interesse di Michelangelo e quello del Vasari, che ne parla nelle sue Vite. Su desiderio del padre, Sofonisba trasmette poi il suo sapere anche alle sorelle, dando vita a una sorta di bottega familiare di stampo femminile, che resterà un caso del tutto unico.

Chiamata alla corte di Filippo II come dama personale della regina Isabella di Valois, che dovrà iniziare ai segreti della pittura, Sofonisba parte per la Spagna, dove intreccia la sua vicenda con quelle di personaggi storici. Stabilisce un legame privilegiato con la regina, vive intense emozioni e sentimenti e, nonostante i limiti della sua condizione, riesce anche qui ad affermare il suo talento, ritraendo nobili e reali già immortalati dai più grandi artisti dell’epoca.

Quattordici anni dopo Sofonisba è costretta a imbarcarsi di nuovo, questa volta per la Sicilia, dove la aspetta un marito che non ha mai visto e che qualcuno ha scelto per lei.
È l’incontro con una terra che le resterà nel cuore per tutta la vita, tanto da decidere di farvi ritorno in tardissima età. Ed è anche un altro capitolo intenso, segnato dal rapporto con un uomo pieno di contraddizioni, da nuovi incontri, intrighi familiari, una terribile pestilenza e oscuri complotti, in un rincorrersi di eventi che la porteranno dopo sei anni a riprendere ancora il mare.
Sarà proprio nel corso di quel viaggio, cominciato sotto i peggiori auspici, che la pittrice mostrerà tutta la forza del suo carattere per rivendicare il diritto di disporre del proprio destino e, con la prima decisione completamente autonoma della sua vita, scrivere di proprio pugno un futuro nuovo e diverso.

Chiara Montani è architetto di formazione, ha lavorato nel campo del design, della grafica e dell’arte, esplorando varie tecniche e materiali e partecipando a esposizioni in Italia e all’estero. Specializzata in Arteterapia, conduce da anni atelier sulle potenzialità terapeutiche del processo creativo. Collabora come copywriter con diverse web-agency.
I suoi racconti e le sue poesie hanno ottenuto più volte riconoscimenti in concorsi nazionali. “Sofonisba. I ritratti dell’anima”, in uscita a novembre 2018, è il suo primo romanzo ed è stato selezionato fra i dieci finalisti al Premio Letterario Internazionale Indipendente 2016 - sezione inediti.

13/07/18

Vedere, ascoltare, annusare, toccare, gustare: I sensi spiegati ai bambini attraverso una collana di libri


Edizioni Il Ciliegio propone una collana curata e ideata dallo scrittore Dino Ticli e dall'illustratrice Daniela Giarratana. Si tratta di una collana particolare che si rivolge ai bambini dai tre ai sei anni e che esplora il mondo dei sensi. In questo articolo l'illustratrice e l'autore ci spiegano il progetto.



Come è nata l’idea della collana sui sensi?
DANIELA GIARRATTANA: «Conobbi Dino Ticli e mi propose di realizzare delle illustrazioni per un albo illustrato che parlava dei sensi. Disegnai le prime tavole e le mostrammo alla casa editrice “Il Ciliegio” durante la fiera della piccola e media editoria a Roma. Piacque il progetto e da li parlando non l’editore si pensò a dividere in albi illustrati ogni senso per realizzare una collana diversa sui sensi.»
Che tipo di libri sono? 
DANIELA GIARRATTANA: «Sono albi illustrati.»
Quanti ne sono stati realizzati finora? 
DANIELA GIARRATTANA: «Sono stati realizzati quattro libri che rappresentano i quattro sensi: VISTA, GUSTO, OLFATTO E TATTO.»
A quali lettori sono rivolti? 
DANIELA GIARRATTANA: «La collana è rivolta a bambini molto piccoli dai due anni ai sei anni Bambini che non sanno leggere ma che possono giocare con i colori e le forme.»
Come avete fatto a conciliare i sensi legati al tatto o al gusto con un libro? E gli altri sensi?
DANIELA GIARRATTANA: «Ho pensato di realizzare delle illustrazioni diverse. Mi piaceva l’idea di dar “forma” a un senso, di giocare con i contrasti cromatici o sulle forme che si ripetono. Ogni senso, all’interno del libro, è diviso a sua volta in piccole storie autoconclusive e questo si nota anche nell’illustrazioni che si muovono a coppia.»

DINO TICLI: «I sensi ci permettono di percepire il mondo attorno a noi. I bambini, da neonati, partono nella loro scoperta utilizzando il gusto, l’olfatto, il tatto e poi l’udito. Solo intorno all’anno vedono bene praticamente come i grandi. Chi non ha presente l’immagine dei piccoli che mettono in bocca tutto ciò che trovano: stanno conoscendo l’ambiente in cui sono stati catapultati.
Con il passare del tempo, però, noi adulti diamo uno spazio preferenziale alla vista, prendendoci cura dei nostri “cuccioli” tendiamo a trascurare l’educazione all'uso degli altri sensi, che inconsciamente riteniamo scontati e secondari. Ecco allora l’idea di questa collana, rivolta ai bambini dai due ai sei anni, con l’intento di far loro prendere coscienza della varietà delle percezioni che ogni giorno provano e fornire loro anche le “parole” per descriverle e comunicarle.
Morbido, ruvido, caldo, bruciante… quante sensazioni ci procura il tatto. E come può esser un odore, un gusto, un suono? I volumi, partendo dalle esperienze quotidiane, come una passeggiata in un prato o una carezza a un piccolo animale, vogliono dunque divertire e nello stesso tempo aiutare genitori, nonni e educatori a far percepire il mondo con tutti i cinque sensi.
Con belle e significative immagini sono già stati pubblicati quattro volumi. Di prossima uscita quello relativo all'udito.»




Daniela Giarratana è nata e vive a Bari; illustratrice freelance, partecipa a mostre, seminari, laboratori creativi ai quali spesso si dedica nel ruolo di organizzatrice. Ha ideato “La Puglia racconta”, un’associazione culturale di illustratori che organizza workshop, mostre ed eventi artistici.








Dino Ticli vive a Lecco, dove insegna scienze in un liceo. Si è laureato in Scienze geologiche presso l'università degli Studi di Milano, con approfondimenti in campo zoologico e botanico. Collabora con un museo di storia naturale per il quale ha curato esposizioni e guide. Fin dal 1986, scrive testi per ragazzi. La sua produzione spazia dai romanzi, ai testi teatrali, alla divulgazione scientifica, lavori per i quali ha ricevuto riconoscimenti e premi. Ha partecipato a numerosi festival di letteratura per l'infanzia e tiene incontri e conferenze in tutta Italia.





18/06/18

SULLA DIFFERENZA FRA RICCO E POVERO OVVERO FRA NON IMMIGRATO E IMMIGRATO



Danilo Di Gangi, esploratore dell’umanità prima ancora dei luoghi della Terra che ha visitato, ancora una volta ci regala un articolo appassionato, che ci offre uno spunto di riflessione. Lo fa in un momento particolare, un momento in cui sostenere certe posizioni è diventato impopolare.
Oggi il pericolo di lasciarsi vincere dalla “banalità del male” rischia di prendere nuovamente il sopravvento. Succede quando si decide di tapparsi le orecchie per non ascoltare e di coprirsi gli occhi per non vedere.
i.b.

di 
Danilo Di Gangi


Carissimi sostenitori della sacra inviolabilità dei confini della real patria e del suo andamento economico, terrei a sottolinearvi alcune semplici questioni.
A-      L’unica vera differenza esistente in tutta la popolazione mondiale è quella fra ricco e povero.
B-       Se sei ricco puoi liberamente circolare in ogni dove sul pianeta, godere delle meraviglie dei paesi altrui, comprare biglietti aerei low cost a 300 euro per fare vacanze esotiche a casa di coloro che detesti, usufruire delle migliori strutture ricettive e ritornare a casa tua, solo quando lo desideri, pieno di ricordi sottopagati o sottratti illegalmente, per autoincensarti nei racconti post viaggio con gli amici.
C-       Se sei povero e costretto a scappare da situazioni di indigenza assoluta, guerre o regimi autarchici, o semplicemente perché aspiri a migliorare le tue condizioni di vita, devi pagare almeno 3000 euro per sfidare la morte e, spesso, incontrarla, giungere nei paesi di coloro che ti detestano, affrontare un inferno simile a quello che hai lasciato, non avere diritti poiché non possiedi denaro ed essere il capro espiatorio di ogni male del paese che non vorrebbe accoglierti ma rispedirti (subito) da dove sei venuto, possibilmente pieno di lividi.
D-      I veri importanti flussi migratori non sono sicuramente quelli (infinitesimali) europei ma, da sempre, quelli di milioni e milioni di persone che si muovono nei paesi più poveri dell’Oriente e dell’Africa perché cacciati (per molteplici ragioni) dalle loro terre di origine.


Ho la fortuna di essere nato nella parte di pianeta “ricca”, quella che può permettersi di girarlo il “mondo”, e da 25 anni lo faccio, con sguardo attento e rispettoso verso coloro che hanno meno fortuna di me, ma tanto di più da insegnare. La povertà, quella vera, l’ho vista con i miei occhi, ne sono stato a stretto contatto, ne ho sentito l’odore.  È la povertà dei bassifondi di Calcutta, degli slums di Nairobi, delle discariche di Agbogbloshie in Ghana, della pelle dei corpi nudi che dormono per le strade di New Delhi, degli stracci laceri che vestono i bambini nei villaggi nepalesi e tibetani, del guano delle cave della Malaysia, delle migliaia di senzatetto che languono nel marcio e nel fango di misere capanne costruite con pezzi di legno e sacchi di plastica dell’immondizia. Sì, esattamente quella plastica che qui, giustamente, mettiamo al bando, per spedirne quintali nei paesi poveri. È la povertà frutto del nostro secolare sfruttamento delle “loro” materie prime, è la povertà frutto della delocalizzazione delle nostre fabbriche, per usare la “loro” manodopera a costo zero, è la povertà frutto della nostra fame insaziabile di progresso, i cui scarti divengono “loro” patrimonio.
Permettetemi, senza presunzione, di dirvi che coloro che urlano ai quattro venti che la povertà nel proprio paese è aumentata a causa dei costi di mantenimento dell’immigrazione non sanno di cosa parlano e, se il loro tenore di vita non è più confacente allo standard occidentale (sebbene continuino a possedere smartphone di ultima generazione, televisori, computer, auto, ecc.), la causa non è da ricercarsi in coloro che “la povertà”, “quella vera”, l’hanno tatuata sulla pelle dalla nascita.



Danilo Di Gangi


L'ultimo libro di Danilo Di Gangi pubblicato con Edizioni il Ciliegio si intitola Nepal fra terra e cielo. Danilo Di Gangi è nato a Cuneo, ove risiede, nel 1963. Scrittore, viaggiatore e insegnante, ha pubblicato per le edizioni L’Arciere: Cieli d’infinito.Mongolia, terra senza tempo (2003); Il Gioiello di neve. Kailash, l’essenza del Tibet (2004); Fra barbari e dei. La vera politica cinese in Tibet (2008). Per le edizioni Campanotto: Siberia (in)contaminata (2010). Per le edizioni Il Ciliegio: Viaggio al limitare del tempo. Un racconto esoterico (2010); Lungo come l’Indo (2012). Per le edizioni Pietre Vive:Forse spazi (2013), raccolta di poesie e immagini.




25/05/18

Approdano nel porto della casa editrice Il Ciliegio gli Inbook curati da Elisa Vincenzi


di 
Elisa Vincenzi


La casa editrice Edizioni ilCiliegio, da sempre attenta alla cura dei suoi libri e delle sue pubblicazioni, mostra ancora una volta una particolare sensibilità, accingendosi ad affrontare una nuova e importante sfida: l'inserimento in catalogo degli Inbook.

Ma che cosa sono gli Inbook?
Sono libri che vengono tradotti in simboli, al fine di facilitarne l'accesso e la lettura da parte di un pubblico più vasto, rispetto ai libri scritti e stampati in maniera tradizionale.
Le parole vengono affiancate da speciali simboli che, seguendo fedelmente il ritmo narrativo, aiutano a decifrare il contenuto del testo scritto.

I simboli utilizzati sono studiati ed elaborati dal Centro Studi Inbook, che garantisce un modello dinamico e che si sviluppa secondo un metodo scientifico, costantemente monitorato attraverso il confronto con chi ne fruisce.

Nati per andare incontro alle esigenze di bambini e persone con disabilità comunicativa, attualmente gli Inbook si rivolgono a un'utenza molto più ampia.
Nella versione Inbook attualmente Il Ciliegio ha in programma la pubblicazione di Agatino e Col naso all'insù.

Consapevoli dell'importanza di offrire quante più strade possibili per favorire la diffusione della cultura del libro e mossi dalla volontà di accogliere le necessità di ogni lettore, non resta che attendere la risposta del pubblico...



Col naso all'insù
Agatino


Elisa Vincenzi, autrice, vive e lavora in provincia di Brescia. Laureata in Scienze dell’Educazione, si specializza in musicoterapia e in propedeutica musicale (Metodo Ritmìa). Oltre che occuparsi della progettazione e conduzione di Laboratori di creatività, musicoterapiaed educazione al suono e al movimento per bambini e adulti, crede nel valore e nell’importanza delle favole. Per Edizioni il Ciliegio ha pubblica una dozzina di libri per bambini tra questi: La rana Luisa, Mino moscerino cantante; Agatino; Il silenzio cos'è?; Ma è tutto sbagliato!; Amelia e la fiducia; Oltre le nuvole; In giardino cosa c'è. Il suo ultimo libro si intitola Il vento a metà.


24/04/18

Scriviamo e pubblichiamo: perché, come funziona? Qual è il compito dello scrittore e quello di chi lavora in casa editrice?



Scriviamo per noi stessi, per essere letti dagli altri, per vedere i nostri sforzi racchiusi fra la prima e la quarta di copertina, per avere il nostro nome in risalto sul dorso di un libro infilato in uno scaffale in libreria. Chi scrive saggi è un divulgatore di sapere, chi si dedica ai romanzi lo fa, invece, perché sente il bisogno di dare un’interpretazione alla realtà. Si scrive narrativa perché è prima di tutto un’esigenza: egocentrismo puro. Si scrive anche se tutto è già stato scritto, e il più delle volte è stato scritto meglio di come abbiamo saputo fare noi, eppure continuiamo a perdere ore di sonno, cene con gli amici, momenti familiari, e continuiamo, mi auguro, a leggere libri anziché fare un po’ più di moto. Ma è doveroso dire che il processo creativo è solo l’inizio di un viaggio.

In vista del suo ultimo libro ho chiesto con insistenza a Giovanni Maria Pedrani, direttore editoriale delle Edizioni Il Ciliegio, di buttare giù qualche riga per questo blog. Ho chiesto di avere un breve articolo col quale fare un po’ di luce su certe dinamiche editoriali. Occupato dal tanto lavoro ci ha messo un po’ a scriverlo, ma alla fine è stato meglio così, perché pochi giorni fa, Catia Proietti, autrice di un bellissimo romanzo di formazione che uscirà fra pochi giorni, del tutto inconsapevole della trattativa che avevo intavolato con Giovanni, mi ha mandato un altro articolo che è anche un atto di umiltà e amore verso il lavoro di chi è nella “stanza dei bottoni” di una casa editrice.

Sono dunque questi due contributi che oggi ho voglia di proporre in questo blog, sempre pronto ad accogliere gli interventi di tanti nostri autori e lettori.

i.b. 

 Una vita da direttore editoriale, 
il libro che svela i segreti delle case editrici
di 
Giovanni Maria Pedrani


Una vita da direttore editoriale
Come si fa a vedere pubblicato il proprio manoscritto gratuitamente, fra le migliaia di fregature vestite da proposte editoriali? Qual è il segreto per fare in modo che un autore possa trarre soddisfazioni dalla propria scrittura? Quanto guadagna una casa editrice? E un autore?

Cominciamo dall’inizio. In principio era il libro. La creatura. Quell’oggetto meraviglioso figlio di un autore, che egli ama e idolatra più di ogni altra cosa.

Per quell’essere prodotto dalla fantasia, dall’intelletto, dalle ansie e dalla passione, l’autore sogna e pretende il meglio. E come succede con la gestione dei figli, cui si vorrebbe donare il mondo, non esiste un prontuario che spieghi come fare il genitore.

Da autore che si poneva alcuni di questi interrogativi e da direttore editoriale, poi subissato da richieste di informazioni da parte dei membri della scuderia, dai nuovi acquisti e anche da chi proponeva dei manoscritti per la prima volta, mi sono reso conto che era necessario dare delle risposte concrete.

E così ci è venuta l’idea di un libro che è una via di mezzo fra il saggio e la testimonianza di vita e che racconta, attraverso l’esperienza di un direttore editoriale, tutti i retroscena di una casa editrice.

Ne è venuta una chiacchierata informale non solo con l’autore esordiente o quello più navigato che vuole qualche dritta, ma anche con chiunque sia interessato a conoscere l’universo editoriale.

Si scopriranno gli attori che ruotano intorno al progetto libro, i costi per realizzarlo e per guadagnarci, i diversi comportamenti delle case editrici per i vari generi letterari, le tecniche più astute di presentare un manoscritto affinché sia selezionato, i trabocchetti dei contratti di cessione dei diritti d’autore, il ruolo delle fiere e dei concorsi letterari, le regole per la pubblicazione della propria opera tradotta all’estero. E poi tanti consigli dalla scrittura del libro ai trucchi per garantire una promozione efficace.

E nello scorrere quelle righe che parlano di un universo professionale, strutturato e organizzato con proprie regole, il lettore scopre che il mondo editoriale delle piccole realtà funziona proprio perché è animato dalla stessa passione delle squadre calcistiche dilettanti che sacrificano tempo per allenarsi e per giocare. La stessa passione di ogni autore che adora la propria creatura.



Giovanni Maria Pedrani risiede a Saronno (VA) è Direttore editoriale delle Edizioni Il Ciliegio. Ha pubblicato numerose opere, ottenendo un centinaio di premi in concorsi letterari. Fra i suoi ultimi scritti si ricordano i romanzi C’è un cadavere sul treno - Assassinio sul Malpensa Express e Nebbie d’estate; il testo umoristico 7.16 in ritardo - ovvero manuale del perfetto pendolare.





La storia non è il libro
di 
Catia Proietti

Da ora in poi
Un giorno ho messo un punto e la storia è finita. Era lì, dentro di me, che spingeva e gridava, bisognosa di aria, di verità, di riconoscimento e poi non c’era più. Proiettata sulle pagine bianche di uno schermo e per questo io di nuovo libera, lei non più solo mia. Perché, quando scrivi, quello che hai detto non è più solo tuo: diventa di tutti. Le immagini che tu hai creato evocano altri mondi, altri spazi, altri volti. Saranno altro. Ogni lettore vivrà una verità diversa e si emozionerà scoprendola in sintonia con quella di un altro. Giocheranno sulla similitudine delle loro riflessioni e ascolteranno stupiti le discrepanze. Perché il fatto che la parola sia scritta, ma per ognuno possa evocare altro, rappresenta di per sé una magia. Il motivo per cui un autore può essere amato da qualcuno e non apprezzato da altri.

E tu hai messo un punto e la storia è finita.

Ma è solo la storia. Non è ancora il libro.

La storia che prima era in te, ora è nel tuo computer, limitata al tuo uso e a quello di pochi stretti e fidati amici.

Il libro è un’altra storia.

Il libro è quell’oggetto che consente al racconto di passare in più mani, superare confini, creare legami, riempire vuoti. Il libro proietta ciò che hai scritto in un oltre a te sconosciuto.

La storia era solo tua. Il libro è la convergenza di tutte quelle professionalità ed energie che lo renderanno tale. E più quelle forze saranno in sincronia tra loro, più la forza della tua storia li avrà pervasi, più il libro viaggerà. È una questione di fiducia e di coerenza.

Fiducia rispetto al messaggio che la storia contiene.

Coerenza rispetto ai suoi principi.

Un libro è il risultato del lavoro di un direttore editoriale, di un grafico, di un editor, di un impaginatore, di un ufficio stampa. La sua dimora è la casa editrice. Più alto è il senso di appartenenza che l’autore avrà sviluppato con la casa editrice, più lungo e ricco di esperienze sarà il viaggio del libro. È un viaggio in tandem, dove un conducente e un passeggero sono entrambi indispensabili per arrivare alla meta, tant’è che smettono di chiedersi chi guida. È un lavoro in team. I pedali sono collegati tra loro da una catena che permette di sincronizzare perfettamente il movimento dei due atleti. Bisogna diventare consapevoli del ritmo del compagno, assecondarne i movimenti in curva perché da due si diventi uno. Significa dare e avere fiducia. Di nuovo questa parola. La stessa che un autore chiede al lettore nel momento in cui inizia a scrivere.

Ti chiedo fiducia. Ascolta la mia storia. Mi sto assumendo di fronte al mondo la responsabilità di ciò che scrivo. Perché quello che è scritto non può essere ritratto. Esiste. Vive.

E più in là, quando il libro avrà lasciato la sua casa e varcato la soglia di librerie e biblioteche, vissuto giornate al freddo nelle fiere e nei mercati dell’editoria, quando sarà stato presentato a pranzi di lavoro e aperitivi, il lavoro continuerà nelle mani del suo acquirente che lo aprirà una volta coricatosi la sera e ne leggerà le prime pagine alla luce di un abatjour.

Un libro inizia a esistere nel momento in cui lo scrittore ha posto il suo punto di fine e pensato di aver tutto concluso.

Si è illuso. A quel punto tutto è appena cominciato.


Catia Proietti è nata e risiede a Roma. Ha conseguito il diploma di laurea di Assistente sociale e lavora come educatrice. Da sempre appassionata di lettura e drammatizzazione, partecipa attivamente ai progetti del comune di Roma per la promozione della lettura in età prescolare e a numerose iniziative culturali. Con i suoi racconti è stata finalista e vincitrice in diversi concorsi letterari; collabora con sceneggiature e scritture a programmi televisivi, riviste on-line, iniziative socio-culturali.

14/02/18

Ecco perché scriviamo libri

La letteratura non è la realtà, ma, se è buona letteratura, ha l’innegabile virtù di saperla spiegare. Ha la capacità di sciogliere i nodi ingarbugliati della quotidianità. La letteratura ammanta di emozioni e significati quei nodi: ce li svela. Ed è un po’ quello che è accaduto a Nicole Alice Masieri, studentessa del Corso di laurea in servizio sociale dell'Università di Firenze, dopo aver letto il romanzo di Paolo Pajer Per altre vite. Un libro che le ha lasciato così tanto, che nel rispondere all’autore ha scritto un lungo commento che vale più di molte recensioni formali. Per gentile concessione di Nicole, lo proponiamo integralmente. Sono pagine come queste che ci rendono orgogliosi di fare ancora gli editori.

i.b    



di 
Nicole Alice Masieri

Buongiorno Paolo, se non sono troppo informale le vorrei scrivere dandole del “TU” in visione del nostro futuro rapporto tra colleghi al termine dei miei studi. Ho impiegato più tempo di quanto pensavo a leggerti, mi sono soffermata su molti punti, ci ho riflettuto e me li sono appuntati. Forse il mio commento sarà il più lungo che avrai mai letto sul tuo libro “Per altre vite”, ma ci tengo a esprimerti tutto ciò che ho percepito sia sul lato professionale che personale.

Nelle prime pagine ho rivissuto in parte l’ultimo tirocinio della triennale: l’ufficio, l’attesa, la domanda e l’ascolto partecipato. Una frase che mi ha colpito molto, e che nella mia esperienza, seppur breve, ho notato essere di grande importanza è: “buona parte della moneta più preziosa con cui ci remunera il tempo: i ricordi”. Tempo e ricordi, hanno un legame apparentemente indissolubile, fino a quando la malattia non si impossessa dei ricordi, delle emozioni, del passato e dei legami.

Molte volte, durante il tirocinio, mi domandavo quale fosse il motivo per cui le persone all’interno dell’ufficio si sentissero al sicuro, seppur non avessero mai visto quel posto e conosciuto l’assistente sociale. Mi ha fatto sorridere ritrovare questo mio dubbio nel pensiero di Marco. Vero è che l’ufficio è un luogo in cui le persone vengono accompagnate alla risoluzione dei loro problemi, il più possibile accogliente, ma in molti casi, come la cronaca ci comunica, sono luoghi che si sono macchiati di sangue, di dolore e di paura. 

Ho ritrovato nel libro riferimenti rispetto all’attuale situazione che ci troviamo ad affrontare, la povertà, la mancanza di lavoro che va a colpire un’altra fascia di persone, detta zona grigia. La situazione di svantaggio ad oggi, colpisce anche coloro che hanno sempre avuto un’occupazione, ma che a causa della crisi del 2008 della quale ancora oggi sentiamo gli strascichi, piccole e medie imprese o per evitare il fallimento o a causa del fallimento hanno licenziato un gran numero di lavoratori. Disperati cercano aiuto attraverso i servizi sociali, che purtroppo non hanno le risorse per accogliere tutta la domanda. Mi è capitato spesso di provare frustrazione quando mi sentivo inutile, inerme di fronte al bisogno di una persona che cercava nel servizio solo un modo per far sopravvivere la propria famiglia, ancora prima di se stesso.

Ho colto molto spesso l’empatia di Marco, la sua capacità di saper ascoltare e di rispettare in silenzio lo spazio dell’altro. È altrettanto messo in evidenza come il lavoro dell’assistente sociale è estremamente collegato alla rielaborazione di tutto ciò che vede e ascolta durante una giornata di lavoro o nell’arco di un mese; rimettendo in ordine i pezzi sparsi per creare un quadro tangibile delle situazioni e ritrovarsi a volte di fronte a contesti diversi da come si era immaginato. Il tutto cercando di stare nei tempi, nelle scadenze e soprattutto evitando il burnout.

Il caso della piccola Alice è molto simile ad una situazione che ho conosciuto durante il mio tirocinio: l’attesa che succeda qualcosa di spiacevole e/o di grave per poter intervenire. È una condizione in cui si trovano molti bambini, a mio avviso paradossale, alla quale non ci si dovrà mai abituare. La storia della piccola Alice e di suo padre Vittorio mi ha fatto pensare a come nei libri venga spesso scritto dell’importanza di instaurare un solido rapporto di fiducia tra operatore e utente, ma che, nel lavoro pratico, non sempre funziona in questo modo quando ci si trova difronte a situazioni di violenza.

Ho apprezzato inoltre come in poche righe descrivi la percezione che le donne maltrattate hanno nei confronti degli uomini maltrattanti. E come, non tanto lontano da Marco, aveva il chiaro esempio di quella trappola psicologica, ciclica che si era impossessata di Selene. Un altro tema a cui sono particolarmente interessata è la violenza assistita, nel libro la definisci “mina antiuomo”, penso che tu abbia colto completamente ciò che provoca nell’immediato e negli anni, imprigionando futuri adulti tra i propri fardelli di dolore e sofferenza.

Ho apprezzato moltissimo il racconto del vissuto di Marco: sberle, pugni, alcol, fumo, sogni, sorrisi immaginati e infine l’allontanamento. Il suo vissuto mi ha fatto riflettere sul fatto che molte volte ci si scorda che l’assistente sociale è prima di tutto una persona, con la sua esperienza di vita, più o meno felice, più o meno dolorosa e che per poter progettare l’aiuto per l’altro deve mettere in sospeso la sua vita privata.

Ti devo confessare che mi hai fatta commuovere nell’ultima parte del libro, il racconto di Claudio, dell’amore, della passione, del passaggio tra “il prima e il dopo”, della ricerca, del ritrovamento ed infine della scelta consapevole della morte. Inevitabilmente il mio pensiero si è spostato su Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo, che ha cercato la libertà in un Paese non suo, come Adele. Il dolore delle persone che hanno accompagnato in questo percorso Fabiano e Adele, consapevoli che da quel viaggio sarebbero tornati senza qualcuno, con un bagaglio colmo di dolore, rancore, sensi di colpa. Ma peggio, forse, è stato rivivere tutte quelle emozioni all’interno di un Tribunale, aspettando di essere giudicati da quello che è stato fino a quel momento uno “Stato sordo”.

Dopo aver scritto più che un commento un poema, vorrei congratularmi con te. “Per altre vite” penso che sarebbe estremamente utile per tutti gli studenti che decidono di intraprendere il percorso che li porterà a diventare assistenti sociali, aiutanti di mestiere, al fine di comprendere, almeno in parte, come questa professione sia allo stesso tempo difficile e appagante. Come gli occhi pieni di spensieratezza di Alice e la dipendenza di Vittorio siano situazioni che spesso vanno a braccetto. Come saper semplicemente ascoltare, senza domandare troppo, aspettando, a volte, sia importante per risolvere insieme i problemi. Come l’autodeterminazione di Helga racchiude tutte quelle persone che dentro se stesse hanno già la soluzione, ma attraverso gli strumenti dell’assistente sociale riescono a conquistare, riscoprire il controllo sulla propria vita.

Marco è il collega che spero di incontrare nel mio futuro lavorativo, è il collega che spero mi possa affiancare nei primi momenti in cui mi troverò a tu per tu con il lavoro pratico dell’assistente sociale. Marco è il collega con il quale mi confronterò per risolvere i miei dubbi o semplicemente per accertarmi di stare facendo un buon lavoro.

Sono libri come questi che mi danno la spinta e la voglia di lavorare subito sul campo e mettere in pratica ciò che ho studiato in questi lunghi cinque anni universitari, scoprendo e imparando continuamente.
Anche se avrei preferito farteli di persona, Complimenti Paolo!






Paolo Pajer è assistente sociale e scrittore: ha pubblicato Il punto estremo - Erga Edizioni, 2012; pubblicherà a ottobre 2017 per Edizioni Il Ciliegio il romanzo Per altre vite, una storia che ha per protagonista proprio un assistente sociale.