04/08/25

Le castagne non fanno paura

 


“Compriamo una specie di gavetta a scomparti colorati che accoglierà uno yogurt magrissimo, piccoli semi proteici e le nostre castagne. Questo sarà il viatico…” Il racconto di un difficile percorso di vita: la voce narrante di una madre ripercorre la storia della malattia della figlia, attraverso le annotazioni della propria agenda, dai primi segni ancora difficili da identificare, fino all’anoressia conclamata. Ma, dopo tanto dolore, inizia il lento percorso per cercare una via d’uscita.

Ecco cosa ci ha raccontato l’autrice Bea Harrison sul suo romanzo:

"Prima di leggere il sottotitolo: “Diario minimo di un’anoressia mentale”, potrebbe  venire il dubbio che si tratti di un racconto di fantasia, una storia di gnomi e di fate dei boschi, di fiori e di frutti dai poteri magici: non è proprio così, anche se nella storia di B. qualcosa di magico in effetti c’è. 

All’inizio della storia, B. è una bambina tranquilla, come tante, e anche per questo la sua mamma si sente molto fortunata. Poi, proprio come in certe favole, succede qualcosa: niente d’improvviso o di precisamente identificabile, piuttosto qualcosa di vago e di impalpabile, che piano piano avanza strisciando, fino a intrappolare B., lasciando la sua mamma con la terribile sensazione che un mostro le stia portando via la sua bambina. 

La storia racconta della lotta di B. per non soccombere, per sfuggire a tutti i mostri che le fanno paura. La sua mamma sarà sempre con lei, ma sarà B. che dovrà combattere la guerra, nessuno potrà farlo per lei. 

E ora direte: «Cosa c’entrano le castagne? E perché mai non fanno paura? O meglio, come avrebbero mai potuto fare paura le castagne?»  Leggendo il libro lo scoprirete, per ora basterà dire che una piccola parte della magia è proprio nelle castagne: e, no, non servono per preparare una pozione fatata, non hanno neppure superpoteri, ma ugualmente aiuteranno B. a combattere la sua guerra.

La storia è raccontata in prima persona dalla mamma B., che, del resto, non poteva fare molto altro. Avrebbe tanto voluto combatterla lei quella guerra, o almeno partecipare, assestare qualche bel colpo sulla testa dei mostri, ma non funziona così. E allora osservava, leggeva e scriveva, la mamma di B., a volte anche per tutta la notte, perché era molto difficile dormire quando sapeva che la sua bambina stava lottando come un soldato al fronte.  

A chi è rivolto questo librino? Innanzitutto bisogna dire che è dedicato a chi combatte la stessa guerra di B.: forse non lo leggeranno, ma le dediche non servono necessariamente a questo, le dediche non chiedono niente in cambio. 

Quando la mamma di B. ha pensato di pubblicare i suoi scritti, aveva bene in mente quelle storie di altri ragazzi combattenti e di altri genitori disperati che lei leggeva nelle sue lunghe notti insonni: le facevano un pochino di compagnia, l’aiutavano a capire che non era sola. Ecco, se questo librino darà a un solo genitore la sensazione di non essere completamente solo nella sua pena, avrà assolto la sua missione. 

E poi ci sono gli altri, quelli che osservano distrattamente, che incrociano i giovani che – come B. – stanno combattendo con tutte le loro forze, e non capiscono, giudicano e sentenziano, oppure maldestramente calpestano, feriscono senza averne l’intenzione, per semplice ignoranza. Ci sono ancora patologie che non sono correttamente comprese, a volte sottovalutate, altre volte oggetto di pregiudizi: un piccolo libro che ne parla è un minuscolo contributo ad accendere una luce necessaria.

Bea Harrison è l’autrice del libro: nella vita non si chiama esattamente così, ma è sempre lei, la mamma di B., che è poi la cosa più importante della sua vita; di mestiere ha fatto da sempre l’insegnante, e questo è vero. E poi scrive: scrive quando è contenta e scrive quando è triste: nel primo caso, la scrittura le fa l’effetto di quello spumante che non riesce a bere, nel secondo è come una medicina potente che allevia il dolore. Un’altra cosa importante da dire della mamma di B. è che le radici della sua famiglia sono sui monti, tra le balze di quell’Appennino dove un tempo proprio di castagne si viveva. 

Un’ultima parola dobbiamo dirla sulla copertina del libro: Albertina Neri – e almeno questo è un nome vero – il libro l’ha letto per davvero, e l’ha letto così bene che nella dolce poesia del suo disegno di copertina ha collocato la figura di una ragazzina sorprendentemente somigliante a B. - a quella vera -, senza averla mai vista!


Bea Harrison è un'insegnante. Questa storia ha iniziato a scriverla per sé e per sua figlia, per curare il dolore, per ricordare e per far decantare; poi ha deciso di pubblicarla pensando soprattutto alle madri di altre persone malate: quando lei non poteva dormire per l’angoscia, per sentirsi meno sola, passava spesso la notte leggendo storie di dolori altrui, storie di figlie come la sua.