31/10/24

La principessa e l'albero di cachi

 


Fin dall’infanzia la principessa Deanna viene iniziata da re Giovanni all’educazione consona per una regina e futura madre dell’erede del regno. Presto, però, la principessa scopre con fascinazione di poter comunicare con l’albero dei cachi, piantato anni prima dalla madre. Grazie a questa insolita amicizia e all’effetto magico dei frutti, Deanna comprende la sua vocazione: osservare il Creato e cantarne, accompagnata dalla lira e dalla danza. 

Ma il padre non può accettare una simile inclinazione, tanto lontana dalle aspettative di corte, e costringe la principessa a prender marito. Lontana dall’amico albero, sola e affranta, Deanna chiede alla vecchia e saggia Katrina un incantesimo che possa toglierle il dolore della rinuncia al suo destino. Ma rinnegare sé stessa ha un costo e presto tutto il regno rischierà di pagarne le conseguenze.

Ecco cosa ci ha raccontato l'autrice del libro Eleonora Mora: "Nell’autunno del 2017 vivevo in una mansarda di una frazione svizzera poco distante dal confine. Nel giardino del condominio prosperava un meraviglioso esemplare di albero di cachi, che quell’anno mi regalò uno degli spettacoli autunnali più impressionanti di sempre: tra ottobre e novembre le sue foglie si tinsero di un rosso vermiglio che riluceva tanto contro il blu del cielo che a voler fantasticare con la grazia di un bambino, si sarebbe potuto pensare che l’albero fosse fatto di fuoco.

L’anno successivo compivo i trent’anni, attraversavo cioè definitivamente la soglia d’ingresso nell’età adulta. Quel compleanno coincise, per casualità o sincronicità, con un trasloco importante, forse il più importante fino a quel momento: dopo aver trascorso un periodo estivo di ritiro presso una sciamana andina in Abruzzo, ero tornata in Svizzera con la consapevolezza che vivere a contatto con la natura avrebbe potuto accrescere le mie doti creative e immaginative. 

Per questo, lessi come un segnale (o predestinazione) l’aver trovato l’annuncio che metteva in affitto un appartamento nella Valle di Muggio, un angolo di mondo del tutto particolare, certamente solitario e immerso nei boschi, dove si respira una separatezza dal sapore avaloniano. Qui il tempo sembra essersi fermato, mentre i dolci pendii lasciano osservare atmosfere diverse a ogni stagione e con ogni condizione meteorologica, solo da chi è avvezzo a scendere o a salire.

Alla metà di ottobre cominciai a riempire le scatole per svuotare la mansarda, ma rifiutavo di muovermi prima di aver goduto un’ultima volta dello spettacolo autunnale dell’albero di cachi. Ammorbato dalle abbondanti piogge del 2018, questi scoloriva in un giallo pallido, negandomi il piacere di rivedere i colori dell’anno prima. Così una fantasia mi indusse a credere che l’albero volesse in qualche modo trattenermi e che il mio amore nei suoi riguardi fosse in qualche misterioso modo ricambiato. Pensavo come una visionaria e quello divenne il tema cardine della favola che poi, una volta arrivata in valle e circondata dai bramiti dei cervi nella stagione degli amori, sgorgò dalla penna e sulla tastiera come una corrente incontenibile, l’urgenza di dare voce a ciò che non sapevo di avere dentro.

Il percorso di vita compiuto fino a quel momento e le occasioni introspettive che avevo cercato tramite la psicanalisi, l’arteterapia, lo sciamanesimo e svariate letture sul tema, avevano concimato il terreno interiore e piantato dei semi che finalmente, dopo anni, vedevo germogliare con una prepotenza che non avrei immaginato. Improvvisamente la vicenda della Principessa Deanna travolse e totalizzò le mie giornate, rubandomi il tempo che avrei dovuto dedicare al lavoro d’ufficio, come pure quello per mangiare e per dormire. 

Nulla aveva più importanza che seguire la vicenda di quell’amore bizzarro tra una fanciulla in cerca della propria identità e un albero magico, nulla mi rendeva più felice di dipingere con le parole la bellezza che avevo intorno e che divenne lo scenario fantastico in cui Deanna muove i propri passi. Tuttavia, man mano che le parole s’infittivano, la vicenda assumeva tinte sempre più cupe sotto la patina fiabesca e a tratti disneiana. In breve mi accorsi che il modo in cui stavo tratteggiando i personaggi e i fatti del racconto celava l’utilizzo catartico e terapeutico di una scrittura votata alla rielaborazione di temi più profondi, come la formazione dell’identità, il legame tra genitori e figli, le pressioni sociali e l’emarginazione.

Così, quasi senza volerlo, sciolsi ne La principessa e l’albero di cachi tutti i nodi interiori che stavo tentando di sbrogliare. Alla domanda se il testo sia autobiografico rispondo sempre che non ne esiste uno che non lo sia: spesso arrivo a credere che persino la lista della spesa ci rappresenti profondamente.

Ma forse tale rappresentanza è meglio riposta in ciò che facciamo (scriviamo, dipingiamo, diciamo, pensiamo, mangiamo) senza il massiccio e invasivo intervento della mente: proprio in questo modo è nata La principessa e l’albero di cachi, una storia trascinata sulla carta da una trance che mi ha aiutata a epurare le diverse sofferenze interiori affrontate nel corso degli anni. 

Quando cerco di afferrare il reale nucleo tematico del racconto penso sempre al finale. A questo si giunge seguendo un percorso che attraversa tutti gli stadi evolutivi della crescita, dalla dolcezza e ingenuità dell’infanzia, fino al conflitto dell’adolescenza, per sfociare in una maturazione che tuttavia non porta saggezza e risoluzione, bensì, al contrario, diniego e rancore. Un finale, insomma, molto distante dalle favole Disney, che pure tanta parte hanno avuto nel processo di concimazione interiore. Un finale dolce-amaro, a tratti drammatico, come dolce-amara e drammatica è la vita. 

E dunque il quesito fondamentale del racconto può essere questo: dove conduce il dolore, se non correttamente elaborato, accolto e integrato? 

E ancora: quali sono le ragioni del dolore, chi considerare come responsabile della sua comparsa?

Con i toni archetipici, sfumati e rarefatti della fiaba, La principessa e l’albero di cachi affronta implicitamente del sentimento dell’outsider, delle pressioni sociali e genitoriali che spesso plasmano la crescita di un giovane e di come nasca il conflitto quando le pulsioni interiori non seguono la direzione auspicata da altri. Se non risolto, questo conflitto può rivelarsi fatale.

Ma La principessa e l’albero di cachi parla anche di molto altro: delle donne e delle loro ciclicità, delle relazioni, delle svariate forme che l’amore può assumere, di riscatto e memoria, di ciò che lasciamo dietro di noi dopo la nostra scomparsa.

Intenso, commovente, immaginifico, La principessa e l’albero di cachi è un racconto che non dice bugie, che parla di fallimenti, vizi, ipocrisie, incomprensioni e condanne, così come di violenza, di amore, ispirazione, ma anche di obbedienza, emarginazione, diniego, perdizione e abbandono. 

È favola, ma anche allegoria; è sorrisi e anche lacrime; è leggerezza e sguardo nell’abisso.


Eleonora Mora


Nata a Lecco nel 1988, è arteterapista, scrittrice e pittrice autodidatta. Dopo un’infanzia trascorsa tra Lombardia, Toscana e Sardegna, oggi vive nel Canton Ticino dove conduce laboratori artistici. La sua scrittura risente di una profonda indagine evolutiva che l’ha condotta a sperimentare diversi approcci, dalla psicanalisi all’arteterapia, fino allo sciamanesimo. È autrice di carnet di viaggio, di racconti e di fiabe per bambini e giovani adulti.






30/10/24

I campioni dell'Inferno

Nel 110 d.C., il Grande Anno, si compie il volgersi del ciclo cosmico che ha visto, in tempi remoti, la divisione dell’Universo tra Zeus, Poseidone e Ade. Le Potenze tengono convegno: come assegnare nuovamente i rispettivi reami, i cieli, i mari, l’oltretomba? 

Per evitare una guerra cosmica, i tre dei decidono di affidare le loro sorti ad altrettanti campioni, scelti a caso fra gli uomini che in quel momento vengono uccisi fra le tante arene dell’Impero. Il vincitore potrà tornare in vita. Prescelti per questa missione soprannaturale sono il gladiatore Cassio, il giovane Candido e il bandito Zabdas. Giunti nello spaventevole Oltretomba, i tre apprendono i termini del patto, tornano temporaneamente sulla terra e si preparano allo scontro.

Ecco cosa ci ha raccontato l'autore del libro, Andrea Gualchierotti, a proposito della sua opera: "Un protagonista in grossi guai, finito in un vicolo cieco. La prospettiva di un’unica via d’uscita, che però porterà probabilmente a ficcarsi in una situazione anche peggiore. Amici di cui non è saggio fidarsi, e nemici apparentemente invincibili. Chi legge molto, o è appassionato di cinema lo sa: questo è il canovaccio vincente di molti film d’azione e di romanzi d’avventura, pensato appositamente per trascinare il lettore nel bel mezzo di una storia dove la tensione è fin dall’inizio già al massimo. E dove il finale è tutto meno che scontato.

Ma se questo non vi basta, e volete rendere il cocktail ancor più gustoso, aggiungete in libertà: gladiatori in cerca di vendetta, antiche divinità manipolatrici e lo scenario di una cupa Roma imperiale, dove il fato si compie in arene stracolme di folla urlante.

Ecco, in breve, il succo de “I campioni dell’inferno”, un romanzo che se per un verso è affine alla mia produzione precedente (di nuovo, l’ambientazione è ripresa dal mondo antico), per altri è molto diverso, e a farla da padrone è l’azione mozzafiato. I protagonisti infatti - Cassio, Candido e Zabdas - sono tre reietti che hanno già perso tutto: il primo è un gladiatore ormai maturo, un campione all’inizio del declino. 

L’altro è un giovane giocatore d’azzardo, condannato a morte per debiti. Mentre Zabdas è un bandito con mille condanne sul collo. E tutti loro, all’inizio della vicenda, fanno una brutta fine nell’arena. Se però mi avete seguito fin qui, avrete già capito che questa è tutt’altro che una fine improvvisa.

In realtà, il trio è stato scelto dagli dèi per dirimere una loro contesa riguardante il dominio del cosmo, e agli sfortunati protagonisti è proposta la classica offerta che non si può rifiutare: essere il campione del proprio patrono divino, oppure precipitare nell’Ade. Non è difficile immaginarne la risposta, no?

Ecco così che si apre per loro un cammino fatto di prove e insidie, di avventure in un fosco oltretomba che richiama gli antichi miti, costellato di sanguinosi combattimenti e dominato dall’incertezza sull’esito finale della loro gara: un solo vincitore è ammesso, uno solo potrà, infine, ricevere il premio promesso, ovvero tornare in vita. Era da tempo che volevo immergermi (e con me, i lettori) nel mondo pittoresco dei gladiatori.

Una realtà lontanissima dalla nostra sensibilità, e che pure risulta affascinante nonostante i suoi lati torbidi e sanguinosi. Un mondo dove la vita era messa in gioco ogni giorno per il divertimento popolare, in cui lo spargimento di sangue era qualcosa su cui scommettere, e dove folle di decine di migliaia di persone si riunivano per assistere allo spettacolo delle condanne a morte.

Uno scenario in cui non è stato difficile ambientare una vicenda su cui incombe il mistero, e nella quale gli dèi - ambigui, spietati -  fanno a loro volta delle vite dei mortali un gioco. Ho dovuto perciò studiare a fondo quel mondo, documentarmi su più di un testo specialistico, e visitare molti dei luoghi descritti nel romanzo: il Colosseo, ovviamente, ma anche il Ludus Magnus, la più grande caserma di gladiatori mai esistita, gli anfiteatri di Pompei, Luni e altri sparsi in Italia e all’estero. Ho inteso ricreare una atmosfera rutilante e sanguigna, un vero e proprio viaggio nel passato.

Non è mancato, in questo, il lavoro per creare protagonisti e situazioni che corrispondessero a quei tempi: il modo di pensare, di vivere i sentimenti ed esprimerli era molto diverso. Giusto e sbagliato avevano significati molto, molto lontani da quelli della nostra epoca. Uccidere era concesso, vendicarsi un dovere. Letteralmente, quello de “I campioni dell’inferno”, è un altro mondo. Eppure, proprio quelle sono le nostre radici.

Come sempre, nello scrivere questo che è ormai il mio quinto romanzo sotto il marchio de Il Ciliegio, mi sono rivolto ai miei modelli d’elezione. Chi mi ha già letto, sa che Robert E. Howard, papà di Conan il Cimmero, è il mio grande punto di riferimento. Ma per una storia come quella che spero leggerete, stavolta avevo bisogno anche di una ispirazione differente. 

Ho così provato a rubare un pizzico delle atmosfere ciniche e nere di Jim Thompson, altro grande autore statunitense, specializzato in thriller. Fra le sue pagine si trovano molti protagonisti dalla moralità grigia, a volte esplicitamente negativa, ed era proprio quello che ci voleva per descrivere uomini come Cassio, Candido e Zabdas, abituati a compromessi anche ignobili, a perseguire il proprio interesse senza rimorsi, e di cui non è mai bene fidarsi del tutto.

Se quindi vi piacciono le storie di spada e stregoneria, le glorie e le ombre del mondo antico, e non temete di farvi male calcando la sabbia dell’arena, credo proprio che “I campioni dell’Inferno” faccia al caso vostro. In fondo, si tratta solo di scommettere la propria vita sul filo della lama. Facile, no?


Andrea Gualchierotti

Andrea Gualchierotti vive e lavora in provincia di Roma. Già autore per Il Ciliegio, insieme a Lorenzo Camerini, dei due volumi della saga di Atlantide (Gli Eredi di Atlantide e Le guerre delle Piramidi), nei suoi lavori ama miscelare il gusto per gli scenari esotici con il fascino del mondo antico. Ha pubblicato vari racconti a tema fantastico e collabora con l’associazione “Italian Sword & Sorcery”.



Una giornata gentile

 

“Tra poco festeggeremo la giornata mondiale della gentilezza. Come compito a casa, scriviamo un gesto gentile che ognuno di noi può fare.” Beatrice ha sette anni e la maestra ha chiesto a lei e ai suoi compagni di scrivere ciò che per loro è un gesto gentile. 

La bambina allora ripensa alla sua giornata: è andata a scuola, ha trascorso la mattinata in classe, il pomeriggio al parco giochi e poi a fare la spesa con papà… Quante volte ha incontrato la gentilezza?

Ecco cosa ci ha raccontato l'autrice del libro, Elisa Vincenzi, sulla nascita e sul perché è nato questo bellissimo libro illustrato: "L’idea di scrivere un libro sulla gentilezza è nata un po’ di tempo fa, da una chiacchierata con Giovanna Mancini, l’editrice de Il Ciliegio.

Ricordo che ci siamo incontrate a una fiera del libro e tra una riflessione e l’altra, si parlava di come al giorno d’oggi si faccia un gran discutere in ogni dove della gentilezza e dell’accoglienza, ma di come poi spesso nella quotidianità questi concetti tendano a restare astratti.

A volte basta portare la spesa a qualcuno in difficoltà o evitare di lasciar sbattere una porta dietro di sé, accertandosi che non ci sia nessuno dietro, o anche solo augurare il buongiorno… sono tanti i piccoli gesti che ognuno di noi può compiere per migliorare la giornata a un’altra persona.

Ecco quindi che mi è arrivata, chiara e nitida, l’idea per il racconto e di conseguenza per il titolo: “Una giornata gentile”. Avrei raccontato di una giornata tipo, caratterizzata dai rituali del mattino, fino al giungere della sera, di una bambina come tante.

Ecco che quindi salutare la vicina di casa o prestare il pastello giallo alla compagna di banco, sono gesti gentili, così come tenere pulito il parco giochi o cedere il posto a una signora alla cassa del supermercato, durante la spesa con il papà.

La protagonista del racconto ripensa poi a tutte queste azioni per decidere quale inserire nel compito per la scuola, dato che si avvicina la giornata mondiale dedicata proprio alla gentilezza.

Le illustrazioni, dal tratto fresco e brillante, sono state realizzate dalla bravissima Luisa Scopigno, con la quale avevo già avuto modo di collaborare in occasione di altri progetti.

Elisa Vincenzi, autrice, vive e lavora in provincia di Brescia. Laureata in Scienze dell’Educazione, si specializza in Musicoterapia e in Propedeutica musicale (Metodo Ritmìa).Per Il Ciliegio ha pubblicato: La rana Luisa, Mino moscerino cantante, Agatino, Il silenzio cos’è?, Ma è tutto sbagliato!, Amelia e la fiducia, Oltre le nuvole, In giardino cosa c’è?, Il vento a metà, Crocotì, Un nido, Dove sei?, La bambina che scatenava uragani, GiroGiroMammatondo, Come si fa?, Che disordine Andrea!, Due case per me, Una tazza di tè, Capitano Bagnato e Mi sono davvero offesa!.

Luisa Scopigno è nata a Firenze, dove ha frequentato la Scuola Internazionale di Comics. È un’illustratrice specializzata in libri per bambini ed è stata selezionata in diversi concorsi, tra cui “Un prato di fiabe”, promosso dall’associazione culturale Marginalia. Ha realizzato le illustrazioni per la favola Il nibbio che nitriva, pubblicata dall’istituto didattico C.R.E.D. di Firenze, e per Mamma ti aspetto (La strada per Babilonia). Ha realizzato il palio per la Giostra dell’Orso di Pistoia, evento folkloristico della città in cui vive. Per Il Ciliegio ha illustrato Mi sono davvero offesa! e ABC di musica e fantasia.