27/08/25

SCHEGGIA, IL PICCOLO IDROVOLANTE BLU

 

Ecco un insolito protagonista, un idrovolante piccolo e blu, diverso dagli altri idrovolanti, Scheggia!

Alessandra Cerretti scrive una storia di diversità ed inclusione prendendo spunto dai racconti delle missioni degli idrovolanti, apparecchi poco conosciuti ma molto importanti per la loro capacità di intervenire in luoghi impervi e soprattutto dove gli aerei non possono atterrare, sull’acqua, sulla neve. Ma è anche una storia che afferma la diversità come un valore aggiunto.

Perché proprio gli idrovolanti? Alessandra vive alla Spezia dove esiste un paesino Cadimare; nei primi del ‘900 in questa piccola borgata marinara esisteva un idroscalo che diede alla luce il primo idrovolante. La scrittrice ha voluto utilizzare l’ambientazione e i protagonisti “volanti”, con un linguaggio semplice e con le divertenti illustrazioni di Sabina Ficara, per tematiche così delicate.

Dopo il periodo covid, i bambini sono stati costretti ad un isolamento forzato ed hanno manifestato delle fragilità, quali insicurezze, aggressività e atteggiamenti da bullismo.

Scheggia subisce bullismo dai suoi coetanei, più grandi e bianchi per opera dei costruttori mentre lui viene inventato da un ingegnere fantasioso, piccolo e blu. Quindi Scheggia è diverso dagli altri.

Ma la sua determinazione a trovare la sua identità nel gruppo, lo porta a rafforzare la sua autostima.

NOVITÀ è l’uscita estiva del libro tradotto in CAA grazie a Daniela Pederzoli ad aver accolto con entusiasmo la proposta dell’autrice appoggiata dalla casa editrice per portare l’importante messaggio di inclusione e autostima ai bimbi speciali.  L’associazione di volontariato IL VOLO ha risposto positivamente a Daniela e l’ha tradotto in simboli. Scheggia sarà letto anche da tanti altri bimbi.

Alessandra Cerretti è una scrittrice spezzina di fiabe. Ama trattare tematiche quali la diversità e il rispetto per l’ambiente e gli animali. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni e riconoscimenti. Per Il Ciliegio ha pubblicato nel 2018 La banda degli occhialuti, nel 2019 La banda degli occhialuti 2 - Tutti per uno e uno per tutti e nel 2020 il libro in italiano e inglese Non mollare Mirtilla!


26/08/25

La sedia magica della mamma

 

NUOVA AREA TEMATICA "FRAGILITÀ E MALATTIA"

Robertino ama tanto fare le coccole, ridere e giocare con la sua mamma. Lei ha una sedia speciale, che si sposta con le ruote. La mamma e Robertino giocano a prendersi, costruiscono torri altissime e leggono fiabe emozionanti. 

Il volume è arricchito dall’intervento di Laura Coccia, che offre utili suggerimenti e incoraggiamento ai genitori che hanno una disabilità. Perché “si può fare”: un giorno alla volta, insieme, genitori e bimbi trovano il loro modo di giocare e divertirsi.

Ecco cosa ci ha raccontato una delle due autrici, Laura Coccia, sul suo libro:

Quando sono rimasta incinta per la prima volta nella mia vita ho avuto paura della mia disabilità. Sentivo un grande senso di inadeguatezza, convinta che la mia disabilità avrebbe tolto qualcosa a mio figlio.

Sono cresciuta con maestre inadeguate ad affrontare studenti con gravi disabilità, che negli anni ‘90 erano ancora considerati studenti di serie B. Per tutti gli anni delle elementari mi era stato vietato di giocare con i miei compagni. L’unico posto che mi era riservato era una sedia in cortile, vicino a quella dei bambini in punizione. Evidentemente la vita mi aveva punita per qualcosa che neanche sapevo di aver fatto nelle mie esistenze precedenti.

Ho passato interi pomeriggi a osservare gli altri che giocavano a rincorrersi, a cadere, a farsi male. Un privilegio che a me era negato. Le uniche attività che per anni mi sono state concesse erano di girare una cima della corda mentre gli altri saltavano e contavano uno, due, tre, stella! ma senza ricevere il cambio da chi vinceva. Insomma ho passato l’infanzia immobile, messa all’angolo dalla paura degli adulti e dai miei muscoli spastici.

La domanda che mi ha sorpreso e tormentato durante la gravidanza è stata: “IO NON HO MAI GIOCATO, DOVRÒ RASSEGNARMI A OSSERVARLO MENTRE CRESCE?”

A differenza dei miei compagni di classe, mio figlio mi conosce da sempre. Da quando le sue cellule hanno iniziato a moltiplicarsi dentro di me, è stato abituato al mio modo di camminare, alle mie incertezze, ma anche alla mia forza di trovare una soluzione possibile ad ogni problema.

I primi mesi giocavamo sul tappetone, ci rotolavamo fino a fonderci in un mare di coccole. Poi ha iniziato a scoprire il mondo e ad andare in giro, senza mai smettere di coinvolgermi nelle sue scoperte. Ho iniziato a giocare a pallone con lui, mettendomi sulla carrozzina o giocando da seduta a terra. Ho scoperto che potevo rincorrerlo spingendomi sulla carrozzina.

Nei nostri momenti di gioco sto recuperando l’infanzia che gli adulti del tempo mi hanno rubato e sento che, giorno dopo giorno, questa ferita rimasta più profonda e invisibile dei punti che ricucivano i miei tendini, si sta rimarginando.

Ho voluto scrivere questo libro con l’aiuto di Giorgia Cozza e Romina Scarpanti per dire alle bambine e alle ragazze con disabilità di oggi che è giusto e legittimo pensare che anche noi donne con disabilità gravi possiamo sognare di diventare madri e realizzare a pieno i nostri sogni.

Laura Coccia è una mamma-attivista romana, saggista per la prima volta alle prese con un racconto per l’infanzia. Si batte per un mondo più inclusivo per le persone con disabilità fin da quando era poco più che una bambina che non poteva giocare.

04/08/25

Le castagne non fanno paura

 


“Compriamo una specie di gavetta a scomparti colorati che accoglierà uno yogurt magrissimo, piccoli semi proteici e le nostre castagne. Questo sarà il viatico…” Il racconto di un difficile percorso di vita: la voce narrante di una madre ripercorre la storia della malattia della figlia, attraverso le annotazioni della propria agenda, dai primi segni ancora difficili da identificare, fino all’anoressia conclamata. Ma, dopo tanto dolore, inizia il lento percorso per cercare una via d’uscita.

Ecco cosa ci ha raccontato l’autrice Bea Harrison sul suo romanzo:

"Prima di leggere il sottotitolo: “Diario minimo di un’anoressia mentale”, potrebbe  venire il dubbio che si tratti di un racconto di fantasia, una storia di gnomi e di fate dei boschi, di fiori e di frutti dai poteri magici: non è proprio così, anche se nella storia di B. qualcosa di magico in effetti c’è. 

All’inizio della storia, B. è una bambina tranquilla, come tante, e anche per questo la sua mamma si sente molto fortunata. Poi, proprio come in certe favole, succede qualcosa: niente d’improvviso o di precisamente identificabile, piuttosto qualcosa di vago e di impalpabile, che piano piano avanza strisciando, fino a intrappolare B., lasciando la sua mamma con la terribile sensazione che un mostro le stia portando via la sua bambina. 

La storia racconta della lotta di B. per non soccombere, per sfuggire a tutti i mostri che le fanno paura. La sua mamma sarà sempre con lei, ma sarà B. che dovrà combattere la guerra, nessuno potrà farlo per lei. 

E ora direte: «Cosa c’entrano le castagne? E perché mai non fanno paura? O meglio, come avrebbero mai potuto fare paura le castagne?»  Leggendo il libro lo scoprirete, per ora basterà dire che una piccola parte della magia è proprio nelle castagne: e, no, non servono per preparare una pozione fatata, non hanno neppure superpoteri, ma ugualmente aiuteranno B. a combattere la sua guerra.

La storia è raccontata in prima persona dalla mamma B., che, del resto, non poteva fare molto altro. Avrebbe tanto voluto combatterla lei quella guerra, o almeno partecipare, assestare qualche bel colpo sulla testa dei mostri, ma non funziona così. E allora osservava, leggeva e scriveva, la mamma di B., a volte anche per tutta la notte, perché era molto difficile dormire quando sapeva che la sua bambina stava lottando come un soldato al fronte.  

A chi è rivolto questo librino? Innanzitutto bisogna dire che è dedicato a chi combatte la stessa guerra di B.: forse non lo leggeranno, ma le dediche non servono necessariamente a questo, le dediche non chiedono niente in cambio. 

Quando la mamma di B. ha pensato di pubblicare i suoi scritti, aveva bene in mente quelle storie di altri ragazzi combattenti e di altri genitori disperati che lei leggeva nelle sue lunghe notti insonni: le facevano un pochino di compagnia, l’aiutavano a capire che non era sola. Ecco, se questo librino darà a un solo genitore la sensazione di non essere completamente solo nella sua pena, avrà assolto la sua missione. 

E poi ci sono gli altri, quelli che osservano distrattamente, che incrociano i giovani che – come B. – stanno combattendo con tutte le loro forze, e non capiscono, giudicano e sentenziano, oppure maldestramente calpestano, feriscono senza averne l’intenzione, per semplice ignoranza. Ci sono ancora patologie che non sono correttamente comprese, a volte sottovalutate, altre volte oggetto di pregiudizi: un piccolo libro che ne parla è un minuscolo contributo ad accendere una luce necessaria.

Bea Harrison è l’autrice del libro: nella vita non si chiama esattamente così, ma è sempre lei, la mamma di B., che è poi la cosa più importante della sua vita; di mestiere ha fatto da sempre l’insegnante, e questo è vero. E poi scrive: scrive quando è contenta e scrive quando è triste: nel primo caso, la scrittura le fa l’effetto di quello spumante che non riesce a bere, nel secondo è come una medicina potente che allevia il dolore. Un’altra cosa importante da dire della mamma di B. è che le radici della sua famiglia sono sui monti, tra le balze di quell’Appennino dove un tempo proprio di castagne si viveva. 

Un’ultima parola dobbiamo dirla sulla copertina del libro: Albertina Neri – e almeno questo è un nome vero – il libro l’ha letto per davvero, e l’ha letto così bene che nella dolce poesia del suo disegno di copertina ha collocato la figura di una ragazzina sorprendentemente somigliante a B. - a quella vera -, senza averla mai vista!


Bea Harrison è un'insegnante. Questa storia ha iniziato a scriverla per sé e per sua figlia, per curare il dolore, per ricordare e per far decantare; poi ha deciso di pubblicarla pensando soprattutto alle madri di altre persone malate: quando lei non poteva dormire per l’angoscia, per sentirsi meno sola, passava spesso la notte leggendo storie di dolori altrui, storie di figlie come la sua.