30/09/25

IO VOGLIO UN CAVALLO

 

Un racconto ironico e scanzonato, ma in grado di far riflettere chi lo legge. Valentina è una bimba molto determinata che desidera avere un animale. Non un animale qualsiasi, però, bensì... un cavallo. I genitori cercano di dissuaderla, nonostante la sua insistenza, contrapponendo al punto di vista sognante della figlia il loro modo di vedere le cose, ben più pratico e concreto. Il finale rivelerà una maniera diversa di prendersi cura gli uni degli altri.

Quando siamo piccoli siamo mossi da tanti desideri. Realizzabili, bizzarri, delicati o irruenti. Nella mia esperienza di insegnante della scuola primaria ho parlato tanto di desideri e sogni con i bambini e le bambine delle mie classi, e sono sempre rimasta affascinata da ciò che matura e si muove nel loro mondo fantastico. Da piccolo capire quale sarà il tuo cammino non è difficile. 


Piuttosto è un misto di suggestioni e passioni che accompagnano a definire, chi si vuole diventare e che lavoro fare “da grandi”. I desideri, se non sono troppo incanalati, sono liberi e spesso non lineari. Si muovono tra le strade del possibile: sarò un astronauta che riesce a volare senza casco, un subacqueo delle profondità marine, una cantante di bolle di sapone…avrò i capelli lunghissimi e rosa, le ali variopinte e un unicorno colorato…

Tutto è possibile nel mondo dei desideri. Costruendo una strada fatta di un passo dopo l’altro. Come nella realtà. Poi ci sono i desideri più realizzabili e “piccoli” che ricorrono spesso, come, avere accanto a sé un animale. Credo che nonostante l’immaginario dei bambini e delle bambine oggi sia molto influenzato dalle proposte commerciali e provenienti da film e videogiochi, il rapporto con gli animali rimanga tutt’oggi, profondo.

Anche per i bambini di città o cresciuti nella tecnologia, il rapporto con la natura e gli animali rimane un archetipo intatto. Ecco perché ancora le storie per l’infanzia parlano loro di volpi gentili, di conigli coraggiosi, di gattini generosi ma anche orsi arrabbiati, cani dispettosi… permettono loro di affrontare le avventure quotidiane ed emotive con la presenza rassicurante e sincera degli animali accanto a sé. Aiutanti reali o immaginari che permettono loro di capire come funzionano il mondo e le relazioni.

Sono stata una bambina di città. Incontravo la natura durante le estati dai nonni; la natura mi ha sempre parlato e scandito la mia meraviglia. Ho incontrato amici e animali all’aria aperta. Una bella fortuna. Ma non ho mai avuto un animale accanto, fino all’età adulta. Non ho mai avuto un pesce rosso, un cagnolino, un gatto. Io volevo un cavallo. Forse per questo non sono stata accontentata, è decisamente un desiderio “fuori misura.” Li ho desiderati tanto. Li ho disegnati tanto. Ho scritto avventure con loro. Quel desiderio e quei disegni mi hanno nutrito. 

Volevo diventare una scrittrice. E ora, finalmente, scrivo storie dove i miei personaggi parlano e vivono tutte queste cose insieme. Da questi pensieri nasce la storia Io voglio un cavallo, una storia ironica ma riflessiva. Volevo scrivere dei desideri dei bambini e delle bambine, per questo ho cominciato a pensare a una storia in cui la determinazione della protagonista avrebbe superato gli ostacoli che le si sarebbero proposti. E quale miglior modo di trovare degli ostacoli, se non desiderare una cosa impossibile?

Se scrivo è perché credo che questi pensieri siano universali e che possano incontrare la sensibilità di chi legge e sfoglia un albo illustrato, riconoscendo in quella storia, un pezzetto della propria. Io voglio un cavallo, ripete la protagonista. Con tanto convincimento e tenacia da mettere in difficoltà i propri genitori. Non voglio un gioco, non voglio una decorazione sul pigiamino, non uno sfizio… voglio proprio un cavallo. 

Perché saprò prendermene cura, e lui di me. Con lui sarò forte e sicura. Le illustrazioni di Luisa Scopigno, mia compagna di avventure letterarie e amica, accompagnano la protagonista in questa sua ricerca. Luisa ha saputo dare immagine alle mie parole con delicatezza e il suo tratto allegro. Anche le immagini ci conducono a un finale della storia non banale e scontato.

Ma non voglio svelare il finale della storia… cosa potrà nascere da questo desiderio fuori misura?... forse un sogno smisurato.

Tiziana Tosi insegnante di italiano e arte nella scuola primaria, unisce la passione per i disegni, le parole e la didattica, nei libri che scrive. Disegna le sue storie con una “penna bambina”, indirizzandole ai piccoli che stanno muovendo i passi nel percorso della crescita. Ha illustrato Orso Palloncino (Indomiti pensieri differenti) e pubblicato Nalin e le cinque saggezze (La strada per Babilonia), Un mostro piccolo, piccolo (Voglino), Il pescatore di nuvole (La strada per Babilonia), La mamma è mia (La fabbrica dei segni), Ti abbraccio Teheran (Le pecore nere).

29/09/25

Un Fantasma in frac

 

La storia di un piccolo fantasma in frac che attraversa i paesi di mare e di montagna portando con sé un acchiappafarfalle e una grande valigia senza fondo, dove mettere tutte le paure dei bambini. Il libro ha lo scopo di aiutare i bambini che hanno paura di qualcosa mettendo in luce alcuni messaggi: la paura è un’emozione naturale e valida, a tutti capita di provarla, piano piano è possibile “addomesticarla” e soprattutto non si è mai soli quando la si deve affrontare, c'è sempre qualcuno pronto a donare ascolto e sostegno emotivo.


La storia del Fantasma in Frak nasce da due aspetti che definirei biografici. Il primo riguarda la mia passione per le fiabe, una passione che nasce da molto lontano. Da una nonna che si chiamava Italia. Quando ero bambina pensavo che nessuno fosse più brava di lei a raccontare fiabe e favole.  

Preparare l’atmosfera, modulare la voce, creare la magia, suscitare la suspense fino all’ultimo respiro dell’ultima parola: questo era il suo vero talento. Le preferite quelle di Perrault, le adoravo. Non potrò mai scordare come le narrava, se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire la sua voce. Era talmente brava che avrebbe potuto permettersi di raccontare le pagine gialle, con me lì estasiata sotto la pesante trapunta. Dormivo con la nonna e non avrei mai rinunciato a quello che io ritenevo un sacrosanto privilegio: addormentarmi al suono della sua voce, mentre raccontava la fiaba serale.

Il secondo aspetto invece si riferisce al mio lavoro di Pedagogista e Facilitatore in Mindfulness. Per i miei bimbi e le loro famiglie sono la dottoressa delle emozioni e dovete sapere che proprio grazie alla pratica professionale ho maturato la convinzione che la fiaba sia un potente strumento di comunicazione e di cura. 

Non solo per i bambini, ma anche per gli adulti perché il piacere di ascoltare le fiabe non ha tempo, né spazio, né età. Esse continuano a parlare al cuore e alla mente di adulti e bambini, entrati ormai a pieno titolo nel terzo millennio. Possiedono un potente valore terapeutico, psicologico ed educativo. Un valore che va salvaguardato e rivalutato. La fiaba che diverte, che fa sognare, che apre alla fantasia, che contatta le emozioni, la fiaba che cura, che guarisce. E ancora. La fiaba che allena l'ascolto e l'attenzione, che potenzia la mente, che crea complicità, che permette di esprimere le ansie, suggerendo contemporaneamente soluzioni ai problemi che ci assillano. 

Quando l'adulto legge una fiaba è come se aprisse un forziere, contenitore di straordinari tesori, che trasportano il bambino in un mondo fantastico, meraviglioso. Tesori che aiutano a scoprire le soluzioni adattive e in maniera limpida inviano il messaggio che nella vita le fatiche esistono, ma sono superabili. Tesori che racchiudono dentro di sé la pillola dell’ottimismo: invitano a non rinunciare, a non abbandonare la strada della ricerca perché molto presto la soluzione si troverà. Tesori che permettono alle emozioni di trovare la giusta via verso l'ordine e l'armonia. 

Addirittura dati clinici dimostrano come i bambini piccoli a cui si legge e si narra, si ammalano di meno perché fanno esperienza di benessere e di serenità. Lo sguardo, la voce, il calore, la vicinanza sono tutte promesse di felicità poiché la valenza più grossa del raccontare sta racchiusa in questa immagine della piacevolezza, che unisce il bambino e l’adulto. È proprio questo che rende indimenticabile l’esperienza al bambino e così pure il rapporto con chi gli legge una storia. Oserei dire che il rapporto che si crea nel raccontare una fiaba, non si crea in nessun altro modo.

La mia fiaba parla ai bambini della paura e vuole farlo consegnando al loro cuore i seguenti messaggi. Che la paura è un’emozione naturale e valida come tutte le altre, che a tutti i bambini capita di provarla, che piano piano è possibile confrontarsi con essa trovando strategie utili per addomesticarla e soprattutto che non sono soli, c' è sempre qualcuno pronto a donare loro ascolto comprensivo e sostegno emotivo. 

Proprio come fa il protagonista della fiaba, un simpatico Fantasma in Frak che, con i suoi strumenti magici e con il coinvolgimento stesso dei bambini li aiuterà a immaginare un modo per lasciare andare le paure. 

Come? Con la giusta dose di magia e creatività e con l’aggiunta di qualche piccolo richiamo ai fondamenti della Mindfulness, metodo che aiuta i bambini a sviluppare fin dalla più tenera età, consapevolezza, stemperando pensieri ansiosi e paure grazie al respiro e all’immaginazione.

In ogni fiaba che scrivo “c’è” mio figlio Gabriele, fonte di ispirazione per i miei racconti, mio talismano speciale, presenza di luce bellissima nella mia vita. Ci sono anche tutti i bambini che ho incontrato in studio e nelle scuole dell’infanzia. A loro vorrei dire: sappiate di avere il diritto di provare paura e così pure di poterla raccontare. Vorrei per ultimo far arrivare a tutti gli adulti che leggeranno questa fiaba a un bambino o una bambina questo augurio: possiate essere capaci di ascoltarli, rassicurarli e proteggerli.  Possiate soprattutto essere dei buoni acchiappapaure.

Concludo con questo pensiero. Credo che in tutti i momenti della vita, i bambini, abbiano un piede nella fiaba e uno nella realtà. Ogni bambino dovrebbe saper camminare nella realtà convinto di possedere dentro di sé delle forze magiche, pronte a sostenerlo. È una consapevolezza o forse semplicemente una speranza, che noi adulti possiamo donare loro, anche attraverso il racconto delle fiabe.


Gabriella Arcobello, nata a Como nel 1966, è pedagogista, psicometrista, consigliere di orientamento scolastico e professionale, esperta di problematiche psicopedagogiche. Si occupa di prevenzione in età evolutiva, lavorando con bambini, genitori, insegnantie conduce corsi di formazione per docenti, educatori e genitori.Ha scritto Nove possibilità di donna (Effatà, 2012), due libri illustrati di fiabe per bambini (Ti dono una fiaba, Monti, 2012; Storie di cose così,Monti, 2013) e il romanzo Come fiocchi di neve (Lettere animante, 2015). Per Edizioni il Ciliegio pubblica Stella Piccina va all’asilo, La scimmietta Arianna e il dottor Talpone e La Bacca Rossa e Babbo Natale, Che fine hanno fatto i Sette Nani? e Un fantasma in frac.

26/09/25

La stanza bianca

 

All’inizio delle vacanze estive Nicola riceve una lettera di convocazione per partecipare a un esperimento di ricerca psicologica sulla generazione Z. All’appuntamento ci sono tanti altri ragazzini che vengono rinchiusi in una enorme stanza bianca dove ha inizio un gioco dominato da amicizia e spietata competizione.

Ecco cosa ci ha raccontato sul libro, la sua autrice Aurora Vannucci: "

La stanza bianca è una storia che ho scritto in contemporanea con Underground (sempre pubblicato con Edizioni Il Ciliegio nel 2024) nell’estate fra la prima e la seconda superiore, quando avevo solo 15 anni. 

Proprio per questo il libro inizia descrivendo il primo giorno di tre mesi di vacanza, quello in cui finalmente puoi dormire fino a tardi, e fin dalle prime righe si respira una libertà… Che sarà soffocata per tutto il resto della narrazione. Infatti questo libro è nato sì quando

avevo quindici anni, quando dovevo essere una ragazzina attiva, curiosa e piena di vita, ma non potevo esserlo perché quando avevo quindici anni ero chiusa in casa. L’Italia e tutto il resto del mondo era in lockdown. 

L’estate fra la prima e la seconda superiore è un rito d’iniziazione. È l’estate in cui ti senti grande perché hai finito il tuo primo anno nella scuola dei grandi. È l’estate in cui i tuoi genitori ti concedono di tornare a casa più tardi la sera. È l’estate in cui la vera famiglia diventano gli amici, è l’estate dei primi amori. 

Noi ragazzi che oggi abbiamo vent’anni non abbiamo mai avuto quindici anni, non abbiamo mai vissuto queste sensazioni e non potremo riaverle indietro. Però possiamo immaginarle e possiamo scriverle per regalarle ai quindicenni di oggi.

Infatti questo libro parla di amici che diventano una famiglia e di primi amori. È la storia di giovani forti che si rendono conto di essere fragili e di ragazzini fragili che si rendono conto di essere forti. È la storia di Nicola, un ragazzo insicuro e senza amici costretto a socializzare e a collaborare con gli altri riuscendo addirittura a diventare un leader; è la storia di Roberto, ragazzo dalla bassa autostima per i suoi pessimi voti che riesce a trovare la sua strada lontano dall’ambiente scolastico; è la storia di giovani adulti che cambiano, sbagliano e alla fine crescono, perché questa è l’unica via per trovare, o quantomeno provare a trovare, la propria identità. 

In una parola: La stanza bianca è l’adolescenza.

                                                                        Aurora Vannucci


Aurora Vannucci ha diciassette anni e risiede a Parma. Frequenta il Liceo, pratica sport, scrive, legge, disegna e viaggia. Ha partecipato a svariati premi letterari per ragazzi e adulti con eccellenti risultati. Nel dicembre 2021 è stata insignita dell’onorificenza di Alfiere della Repubblica. Ha una pagina Instagram aurora.writer.vannucci e una pagina facebook I libri di Aurora.