Da sinistra: Maurizio Marsi (il Ciliegio), Sara Pelucchi, James Minter e Giovanna Mancini (il Ciliegio) |
Con quegli occhi furbi e
grigi intrappolati dietro le lenti, James Minter è un tipo simpatico. Un vivace
sessantaquattrenne al suo secondo viaggio in Italia. Nato nell'Oxfordshire,
oggi si divide tra l’Inghilterra e la Francia meridionale, dove, nella zona di
Carcassonne, insieme alla moglie, ha deciso di aprire un Bed & Breakfast:
nel frattempo scrive. In realtà Minter scrive da sempre. Prima scriveva articoli
di carattere tecnico legati al mondo dell’informatica e dal 2009 si dedica alla
narrativa. Sabato scorso, 11 giugno 2016, James era ospite dell'Associazione per lo studio dell'Emocromatosi e delle malattie da sovraccarico di ferro (+Fe) in un bar di Vedano al Lambro, a due passi dall'ospedale
San Gerardo di Monza. Nel bar l'associazione ha festeggiato il ventesimo
anniversario di fondazione. L’autore era lì grazie alla dottoressa Sara
Pelucchi, una biologa che dal 2002 si occupa di fare ricerca sul metabolismo
del ferro. È stata lei che ha scovato i libri di James e che ha proposto alla
+Fe di tradurne uno, ovvero The Unexpected Conseguences of Iron Overload
che in italiano suona letteralmente come segue: Le inaspettate conseguenze del sovraccarico di ferro.
Il collegamento tra l’associazione
e lo scrittore inglese è presto detto: James Minter è affetto da Emocromatosi,
quando lo ha scoperto ha deciso di fare qualcosa affinché la sua patologia
fosse il più possibile conosciuta e lo ha fatto nel solo modo che sapeva:
attraverso la scrittura.
Il Ciliegio ha pubblicato
la versione italiana del secondo romanzo di una trilogia scritta appunto da
Minter.
Il libro è un thriller
goliardico, giocato tutto sulla comicità e l’ironia dei personaggi. Ambientato
negli anni Ottanta Il protagonista, Jimmy Kavanagh (alter ego di Minter), oltre
a non saper resistere al fascino femminile, è dotato di poteri elettromagnetici
derivatigli appunto da uno stato congenito di cui non è a conoscenza. Sulle sue
tracce si mettono due improbabili agenti del Kgb, Vladimir e Oleg che a loro
volta sono spiati dagli agenti della Cia, Brad e Matt. In questo gioco di
investigazione internazionale è coinvolta la conturbante Sheila; proprietaria
del Sheila's Café, un locale che serve colazioni complete e poco altro. Sheila
avrà un ruolo chiave nell'agganciare l’irriverente e affascinante Jimmy.
In questo romanzo dove la
Cortina di ferro si è già ridotta a un filo di nylon sottile e grottesco, James
Minter, dipana trama e ordito di una storia divertente e di piacevole lettura.
James Minter alla presentazione del suo libro Doc Lounge Café di Vedano al Lambro |
Ci sediamo a un tavolo
appena fuori dalla sala conferenze, dove il meeting prosegue affrontando altri argomenti. Gli occhi furbi di James si illuminano.
Intanto perché
questo libro?
«Ho scritto questo libro perché alla metà degli anni
Settanta, quando ero ancora molto giovane, ho perso i miei genitori e una
sorella a causa dell'Emocromatosi. Allora c’era ancora meno informazione di
oggi su questo tipo di malattia. Loro non sapevano di essere malati e quando ho
scoperto dei miei problemi ho collegato la prematura scomparsa dei miei
familiari all'Emocromatosi. Questa è stata la ragione che mi ha spinto a
scrivere non solo questo libro. Se mi sono salvato, in maniera del tutto
casuale, è perché sono un donatore di sangue. Le donazioni mi hanno permesso di
ridurre l’accumulo di ferro nell'organismo».
Il romanzo è
divertente e ironico: perché ha scelto una chiave di scrittura così inusuale
per sensibilizzare l’opinione pubblica?
«Il libro è comico perché ridere fa bene. Ci aiuta a migliorare
le nostre condizioni di salute. Mi auguro che la traduzione italiana sia
riuscita a mantenere intatta la comicità e l’ironia che caratterizzano il libro».
Perché ha ambientato
alla fine degli anni Ottanta il romanzo?
«Così… e poi perché tutto ha inizio al Grosvenor House
Hotel, di Park Lane, dove negli anni Ottanta
hanno davvero lanciato la Microsoft in Inghilterra.»
I personaggi più riusciti
e simpatici sembrano essere le due spie del Kgb e Sheila. È d’accordo?
«Se devo proprio scegliere un personaggio quello che
preferisco è Sheila (Minter ride, nda). In effetti l’accezione un po’ negativa
delle spie della Cia trapela abbastanza, e gli americani me lo hanno fatto
notare, ma non era voluto. È stata l’ironia dei personaggi che ha preso il sopravvento
sulle intenzioni. Quelli del Kgb però sono i personaggi più realistici
dell’intero romanzo, perché sotto Rasputin i russi hanno fatto degli studi sui
poteri paranormali della mente. Per tornare a Sheila; lei arriva dall'Australia
invece Jimmy è inglese, i poli magnetici della Terra si attraggano».
Qual è il suo metodo
di scrittura?
«Intanto devo dire che non scrivo mai col computer, ma
tutto a penna e di getto. Scrivo quando ho l’ispirazione, poi sistemo i testi
in un secondo momento e detto la trascrizione. È proprio la penna che riesce a
infondermi l’ispirazione necessaria per scrivere. Scrivo il titolo e poi vado
avanti con la storia. Non cambio quasi mai niente durante la rilettura, semmai
affino certe parti».
Altri progetti
letterari futuri?
«Nel mio fascicolo ho circa una quarantina di idee, tra cui
otto libri per bambini».
Thank you, Mr
Minter. Grazie per averci incontrato.
«Voi italiani siete sempre calorosi. Ve lo dico, così mi
fate un po’ di pubblicità in giro.»
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