Per evitare una guerra cosmica, i tre dei decidono di affidare le loro sorti ad altrettanti campioni, scelti a caso fra gli uomini che in quel momento vengono uccisi fra le tante arene dell’Impero. Il vincitore potrà tornare in vita. Prescelti per questa missione soprannaturale sono il gladiatore Cassio, il giovane Candido e il bandito Zabdas. Giunti nello spaventevole Oltretomba, i tre apprendono i termini del patto, tornano temporaneamente sulla terra e si preparano allo scontro.
Ecco cosa ci ha raccontato l'autore del libro, Andrea Gualchierotti, a proposito della sua opera: "Un protagonista in grossi guai, finito in un vicolo cieco. La prospettiva di un’unica via d’uscita, che però porterà probabilmente a ficcarsi in una situazione anche peggiore. Amici di cui non è saggio fidarsi, e nemici apparentemente invincibili. Chi legge molto, o è appassionato di cinema lo sa: questo è il canovaccio vincente di molti film d’azione e di romanzi d’avventura, pensato appositamente per trascinare il lettore nel bel mezzo di una storia dove la tensione è fin dall’inizio già al massimo. E dove il finale è tutto meno che scontato.
Ma se questo non vi basta, e volete rendere il cocktail ancor più gustoso, aggiungete in libertà: gladiatori in cerca di vendetta, antiche divinità manipolatrici e lo scenario di una cupa Roma imperiale, dove il fato si compie in arene stracolme di folla urlante.
Ecco, in breve, il succo de “I campioni dell’inferno”, un romanzo che se per un verso è affine alla mia produzione precedente (di nuovo, l’ambientazione è ripresa dal mondo antico), per altri è molto diverso, e a farla da padrone è l’azione mozzafiato. I protagonisti infatti - Cassio, Candido e Zabdas - sono tre reietti che hanno già perso tutto: il primo è un gladiatore ormai maturo, un campione all’inizio del declino.
L’altro è un giovane giocatore d’azzardo, condannato a morte per debiti. Mentre Zabdas è un bandito con mille condanne sul collo. E tutti loro, all’inizio della vicenda, fanno una brutta fine nell’arena. Se però mi avete seguito fin qui, avrete già capito che questa è tutt’altro che una fine improvvisa.
In realtà, il trio è stato scelto dagli dèi per dirimere una loro contesa riguardante il dominio del cosmo, e agli sfortunati protagonisti è proposta la classica offerta che non si può rifiutare: essere il campione del proprio patrono divino, oppure precipitare nell’Ade. Non è difficile immaginarne la risposta, no?
Ecco così che si apre per loro un cammino fatto di prove e insidie, di avventure in un fosco oltretomba che richiama gli antichi miti, costellato di sanguinosi combattimenti e dominato dall’incertezza sull’esito finale della loro gara: un solo vincitore è ammesso, uno solo potrà, infine, ricevere il premio promesso, ovvero tornare in vita. Era da tempo che volevo immergermi (e con me, i lettori) nel mondo pittoresco dei gladiatori.
Una realtà lontanissima dalla nostra sensibilità, e che pure risulta affascinante nonostante i suoi lati torbidi e sanguinosi. Un mondo dove la vita era messa in gioco ogni giorno per il divertimento popolare, in cui lo spargimento di sangue era qualcosa su cui scommettere, e dove folle di decine di migliaia di persone si riunivano per assistere allo spettacolo delle condanne a morte.
Uno scenario in cui non è stato difficile ambientare una vicenda su cui incombe il mistero, e nella quale gli dèi - ambigui, spietati - fanno a loro volta delle vite dei mortali un gioco. Ho dovuto perciò studiare a fondo quel mondo, documentarmi su più di un testo specialistico, e visitare molti dei luoghi descritti nel romanzo: il Colosseo, ovviamente, ma anche il Ludus Magnus, la più grande caserma di gladiatori mai esistita, gli anfiteatri di Pompei, Luni e altri sparsi in Italia e all’estero. Ho inteso ricreare una atmosfera rutilante e sanguigna, un vero e proprio viaggio nel passato.
Non è mancato, in questo, il lavoro per creare protagonisti e situazioni che corrispondessero a quei tempi: il modo di pensare, di vivere i sentimenti ed esprimerli era molto diverso. Giusto e sbagliato avevano significati molto, molto lontani da quelli della nostra epoca. Uccidere era concesso, vendicarsi un dovere. Letteralmente, quello de “I campioni dell’inferno”, è un altro mondo. Eppure, proprio quelle sono le nostre radici.
Come sempre, nello scrivere questo che è ormai il mio quinto romanzo sotto il marchio de Il Ciliegio, mi sono rivolto ai miei modelli d’elezione. Chi mi ha già letto, sa che Robert E. Howard, papà di Conan il Cimmero, è il mio grande punto di riferimento. Ma per una storia come quella che spero leggerete, stavolta avevo bisogno anche di una ispirazione differente.
Ho così provato a rubare un pizzico delle atmosfere ciniche e nere di Jim Thompson, altro grande autore statunitense, specializzato in thriller. Fra le sue pagine si trovano molti protagonisti dalla moralità grigia, a volte esplicitamente negativa, ed era proprio quello che ci voleva per descrivere uomini come Cassio, Candido e Zabdas, abituati a compromessi anche ignobili, a perseguire il proprio interesse senza rimorsi, e di cui non è mai bene fidarsi del tutto.
Se quindi vi piacciono le storie di spada e stregoneria, le glorie e le ombre del mondo antico, e non temete di farvi male calcando la sabbia dell’arena, credo proprio che “I campioni dell’Inferno” faccia al caso vostro. In fondo, si tratta solo di scommettere la propria vita sul filo della lama. Facile, no?
Andrea Gualchierotti |
Andrea Gualchierotti vive e lavora in provincia di Roma. Già autore per Il Ciliegio, insieme a Lorenzo Camerini, dei due volumi della saga di Atlantide (Gli Eredi di Atlantide e Le guerre delle Piramidi), nei suoi lavori ama miscelare il gusto per gli scenari esotici con il fascino del mondo antico. Ha pubblicato vari racconti a tema fantastico e collabora con l’associazione “Italian Sword & Sorcery”.
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