Fin dall’infanzia la principessa Deanna viene iniziata da re Giovanni all’educazione consona per una regina e futura madre dell’erede del regno. Presto, però, la principessa scopre con fascinazione di poter comunicare con l’albero dei cachi, piantato anni prima dalla madre. Grazie a questa insolita amicizia e all’effetto magico dei frutti, Deanna comprende la sua vocazione: osservare il Creato e cantarne, accompagnata dalla lira e dalla danza.
Ma il padre non può accettare una simile inclinazione, tanto lontana dalle aspettative di corte, e costringe la principessa a prender marito. Lontana dall’amico albero, sola e affranta, Deanna chiede alla vecchia e saggia Katrina un incantesimo che possa toglierle il dolore della rinuncia al suo destino. Ma rinnegare sé stessa ha un costo e presto tutto il regno rischierà di pagarne le conseguenze.
Ecco cosa ci ha raccontato l'autrice del libro Eleonora Mora: "Nell’autunno del 2017 vivevo in una mansarda di una frazione svizzera poco distante dal confine. Nel giardino del condominio prosperava un meraviglioso esemplare di albero di cachi, che quell’anno mi regalò uno degli spettacoli autunnali più impressionanti di sempre: tra ottobre e novembre le sue foglie si tinsero di un rosso vermiglio che riluceva tanto contro il blu del cielo che a voler fantasticare con la grazia di un bambino, si sarebbe potuto pensare che l’albero fosse fatto di fuoco.
L’anno successivo compivo i trent’anni, attraversavo cioè definitivamente la soglia d’ingresso nell’età adulta. Quel compleanno coincise, per casualità o sincronicità, con un trasloco importante, forse il più importante fino a quel momento: dopo aver trascorso un periodo estivo di ritiro presso una sciamana andina in Abruzzo, ero tornata in Svizzera con la consapevolezza che vivere a contatto con la natura avrebbe potuto accrescere le mie doti creative e immaginative.
Per questo, lessi come un segnale (o predestinazione) l’aver trovato l’annuncio che metteva in affitto un appartamento nella Valle di Muggio, un angolo di mondo del tutto particolare, certamente solitario e immerso nei boschi, dove si respira una separatezza dal sapore avaloniano. Qui il tempo sembra essersi fermato, mentre i dolci pendii lasciano osservare atmosfere diverse a ogni stagione e con ogni condizione meteorologica, solo da chi è avvezzo a scendere o a salire.
Alla metà di ottobre cominciai a riempire le scatole per svuotare la mansarda, ma rifiutavo di muovermi prima di aver goduto un’ultima volta dello spettacolo autunnale dell’albero di cachi. Ammorbato dalle abbondanti piogge del 2018, questi scoloriva in un giallo pallido, negandomi il piacere di rivedere i colori dell’anno prima. Così una fantasia mi indusse a credere che l’albero volesse in qualche modo trattenermi e che il mio amore nei suoi riguardi fosse in qualche misterioso modo ricambiato. Pensavo come una visionaria e quello divenne il tema cardine della favola che poi, una volta arrivata in valle e circondata dai bramiti dei cervi nella stagione degli amori, sgorgò dalla penna e sulla tastiera come una corrente incontenibile, l’urgenza di dare voce a ciò che non sapevo di avere dentro.
Il percorso di vita compiuto fino a quel momento e le occasioni introspettive che avevo cercato tramite la psicanalisi, l’arteterapia, lo sciamanesimo e svariate letture sul tema, avevano concimato il terreno interiore e piantato dei semi che finalmente, dopo anni, vedevo germogliare con una prepotenza che non avrei immaginato. Improvvisamente la vicenda della Principessa Deanna travolse e totalizzò le mie giornate, rubandomi il tempo che avrei dovuto dedicare al lavoro d’ufficio, come pure quello per mangiare e per dormire.
Nulla aveva più importanza che seguire la vicenda di quell’amore bizzarro tra una fanciulla in cerca della propria identità e un albero magico, nulla mi rendeva più felice di dipingere con le parole la bellezza che avevo intorno e che divenne lo scenario fantastico in cui Deanna muove i propri passi. Tuttavia, man mano che le parole s’infittivano, la vicenda assumeva tinte sempre più cupe sotto la patina fiabesca e a tratti disneiana. In breve mi accorsi che il modo in cui stavo tratteggiando i personaggi e i fatti del racconto celava l’utilizzo catartico e terapeutico di una scrittura votata alla rielaborazione di temi più profondi, come la formazione dell’identità, il legame tra genitori e figli, le pressioni sociali e l’emarginazione.
Così, quasi senza volerlo, sciolsi ne La principessa e l’albero di cachi tutti i nodi interiori che stavo tentando di sbrogliare. Alla domanda se il testo sia autobiografico rispondo sempre che non ne esiste uno che non lo sia: spesso arrivo a credere che persino la lista della spesa ci rappresenti profondamente.
Ma forse tale rappresentanza è meglio riposta in ciò che facciamo (scriviamo, dipingiamo, diciamo, pensiamo, mangiamo) senza il massiccio e invasivo intervento della mente: proprio in questo modo è nata La principessa e l’albero di cachi, una storia trascinata sulla carta da una trance che mi ha aiutata a epurare le diverse sofferenze interiori affrontate nel corso degli anni.
Quando cerco di afferrare il reale nucleo tematico del racconto penso sempre al finale. A questo si giunge seguendo un percorso che attraversa tutti gli stadi evolutivi della crescita, dalla dolcezza e ingenuità dell’infanzia, fino al conflitto dell’adolescenza, per sfociare in una maturazione che tuttavia non porta saggezza e risoluzione, bensì, al contrario, diniego e rancore. Un finale, insomma, molto distante dalle favole Disney, che pure tanta parte hanno avuto nel processo di concimazione interiore. Un finale dolce-amaro, a tratti drammatico, come dolce-amara e drammatica è la vita.
E dunque il quesito fondamentale del racconto può essere questo: dove conduce il dolore, se non correttamente elaborato, accolto e integrato?
E ancora: quali sono le ragioni del dolore, chi considerare come responsabile della sua comparsa?
Con i toni archetipici, sfumati e rarefatti della fiaba, La principessa e l’albero di cachi affronta implicitamente del sentimento dell’outsider, delle pressioni sociali e genitoriali che spesso plasmano la crescita di un giovane e di come nasca il conflitto quando le pulsioni interiori non seguono la direzione auspicata da altri. Se non risolto, questo conflitto può rivelarsi fatale.
Ma La principessa e l’albero di cachi parla anche di molto altro: delle donne e delle loro ciclicità, delle relazioni, delle svariate forme che l’amore può assumere, di riscatto e memoria, di ciò che lasciamo dietro di noi dopo la nostra scomparsa.
Intenso, commovente, immaginifico, La principessa e l’albero di cachi è un racconto che non dice bugie, che parla di fallimenti, vizi, ipocrisie, incomprensioni e condanne, così come di violenza, di amore, ispirazione, ma anche di obbedienza, emarginazione, diniego, perdizione e abbandono.
È favola, ma anche allegoria; è sorrisi e anche lacrime; è leggerezza e sguardo nell’abisso.
Eleonora Mora |
Nata a Lecco nel 1988, è arteterapista, scrittrice e pittrice autodidatta. Dopo un’infanzia trascorsa tra Lombardia, Toscana e Sardegna, oggi vive nel Canton Ticino dove conduce laboratori artistici. La sua scrittura risente di una profonda indagine evolutiva che l’ha condotta a sperimentare diversi approcci, dalla psicanalisi all’arteterapia, fino allo sciamanesimo. È autrice di carnet di viaggio, di racconti e di fiabe per bambini e giovani adulti.
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