L’anoressia è una malattia subdola, che
s’insinua nella psiche delle persone modificandone la vita e che alle volte può
avere anche conseguenze drammatiche. Marta Zanni, autrice del romanzo “Vittoria!”,
in questo interessante articolo scritto per Il Ciliegio, descrive bene il
presentarsi dei sintomi dell’anoressia e spiega dove e come e a chi chiedere
aiuto.
Marta Zanni |
L’anoressia
è una malattia subdola, uno di quei serpenti che s’insinuano in silenzio nella quotidianità.
Non ci si accorge di soffrirne e a volte si arriva a negare l’evidenza di
esserne affetti. Nessuno sa dare una data certa d’inizio della malattia. In
realtà ci si chiede spesso se esista una partenza, o se si nasca con dentro il
seme di quella gramigna.
Nella
stragrande maggioranza dei casi si comincia usando il cibo come arma per attirare
l’attenzione su di sé. Importante è sottolineare che non ci si ammala
volontariamente: a volte è come un voler attraversare la strada consci che un
tir stia arrivando a gran velocità, ma altrettanto sicuri che noi saremo più
scaltri e nessuno si farà male. Purtroppo ci si trova spesso a venire spiattellati
al suolo.
Ridurre
le quantità di cibo non basta più: si cominciano a saltare i pasti, a star bene
con se stessi solo se si avverte la sensazione dello stomaco che si auto digerisce.
L’asticella si alza sempre di più: ogni risultato raggiunto deve essere
superato perché diventa subito insufficiente. La caparbietà con cui si cerca l’attenzione
degli altri senza comunicare i propri sentimenti, se non attraverso il digiuno
o il vomito, si acutizza. Da qui una cascata di sintomi di varia natura: manie
di controllo del peso, ripetizione delle azioni, tentativi di raggiungere
un’ipotetica e inesistente perfezione che ci farà cessare qualsiasi sofferenza.
Tutto è però solo un vortice che porta inesorabilmente ad annientare corpo e mente, lasciando a brandelli certezze
e affetti.
Lo
specchio diventa il solo amico del quale fidarsi, ma allo stesso tempo si
trasforma in un sadico aguzzino capace di farci vedere ciò che in realtà non è.
Le aberrazioni visive cominciano a farsi spazio tra le sinapsi, facendo
percepire enorme la figura riflessa che abbiamo di fronte. L’ansia cresce
perché un corpo non perfetto non può appartenere a chi soffre di anoressia o di
bulimia. È come se si cercasse di usare il proprio involucro per trovare la
sicurezza che all’interno di se stessi non si riesce a scorgere.
Proprio
per il suo mescolarsi silenzioso con abitudini quotidiane, non ci si accorge della
tenaglia che subdola porta a soffocare la vita. Sono familiari, amici e
insegnanti a comprendere che c’è qualcosa che non va. Cercare tempestivamente
aiuto ai primi segnali potrebbe essere sintomo di una guarigione repentina, un
riportare nella giusta rotta il proprio caro. Più si lascia trascorrere il
tempo, maggiore è il rischio che la patologia si mescoli con la persona,
diventando un tutt’uno. Risulta difficile, infatti, estirpare abitudini
consolidate negli anni: per affrontare la patologia ormai cronicizzata è
necessario sconvolgere le abitudini del soggetto, che avvertirà certamente
l’ansia di far scomparire con un colpo di spugna tutti gli atteggiamenti che
quotidianamente gli suscitavano un senso di sicurezza.
Esistono
centri specializzati ai quali rivolgersi anche solo per un semplice sospetto di
essere affetti da un qualsiasi disturbo alimentare, attivi anche per consulenze
a parenti e amici bisognosi di chiarimenti o indicazioni. Da segnalare il sito www.disturbialimentarionline.it,
dove viene raccolta la mappatura delle strutture dedicate ai DCA in Italia.
Effettuando una semplice ricerca filtrata anche per regione e provincia, si
potranno trovare i recapiti di ambulatori, day
hospital, ricoveri ospedalieri e riabilitazione residenziale sia pubblici
sia privati.
Lo
scoglio principale da superare è il timore di parlarne: rivolgendosi a
professionisti che lavorano quotidianamente per combattere il problema farà
sentire a proprio agio paziente e familiari. All’interno di strutture
specializzate scomparirà il timore di essere etichettati: i medici sapranno
parlare la lingua giusta e la possibilità di confrontarsi con persone affette
dallo stesso disturbo potrà creare sinergie per la propria rinascita.
Edizioni Il Ciliegio |
Ho sofferto di una leggera forma di bulimia tra i 18 ed i 21 anni, ne sono venuta fuori grazie all'aiuto di una Psicologa Parma che mi ha seguita in maniera amorevole.
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