Articolo a cura di Rosella Quattrocchi, autrice del libro
Anche dopo la conclusione de Il cacciatore di orchi, sapevo che quella storia non era finita. Non lo era per me e non lo era per loro: per Chiara, per Matteo, per quella famiglia che nel primo romanzo era un approdo momentaneo, una casa provvisoria dove ricominciare a respirare.
Si concludeva un capitolo delle loro vite, ma a ogni fine segue un inizio e E poi ci siamo scelti nasce proprio lì, nel tempo sospeso del dopo.
Nel primo libro avevo raccontato il buio, la paura, la scoperta della verità. Avevo voluto dare voce a un bambino ferito e a chi, nel mondo reale, ogni giorno si prende cura di storie come la sua, a Chiara, l’assistente sociale che, con passione e fragilità, si impegnava per proteggerlo e restituirgli la possibilità di fidarsi ancora. Era una storia di coraggio e di giustizia, ma anche di dolore e di solitudine: il momento in cui la verità si fa strada, ma tutto il resto sembra ancora da costruire.
Ora volevo raccontare il dopo, o meglio “un dopo” perché potrebbero essercene tanti. Cosa succede dopo? Dopo l’urgenza della protezione, della tutela, dopo la conclusione del processo. Come si vive con le cicatrici, come si ricomincia a fidarsi? E come vive chi apre la propria casa all’accoglienza anche senza sapere che forma abbia e cosa porti con sé?
Il nuovo romanzo è un seguito, ma anche una nuova partenza: là dove il primo terminava con la protezione e il processo, qui comincia la ricostruzione.
E poi ci siamo scelti è la risposta a queste e altre domande. E come già anche ne Il cacciatore di orchi la storia principale è affiancata da altre storie, alcune di tenore più leggero, perché non è e non vuole essere un romanzo emotivamente pesante, per quanto raccolga emozioni intense.
Matteo è cresciuto, ora è un adolescente che deve imparare a convivere con i segni del suo passato e a lasciarsi accogliere da chi lo ama. Margherita e Lorenzo, la coppia che lo ha accolto, non sono eroi: sono due adulti imperfetti, pieni di dubbi, non hanno ricette infallibili e si interrogano di continuo, ma sono capaci di restare. Di esserci. E poi c’è Chiara, l’assistente sociale, che continua a camminare accanto alle famiglie e ai ragazzi che incontra, con determinazione ma non senza vulnerabilità. Un ponte tra ferita e rinascita, con la stessa ostinazione di chi sa che non esistono vite “aggiustate”, ma solo vite accompagnate. Nel nuovo libro non c’è più l’urgenza della denuncia, ma la lentezza della cura. È un romanzo che parla di colazioni insieme, di serate silenziose, di parole che mancano e di gesti che riempiono.
È il tempo dell’affido: fatto di nuovi equilibri e nuove abitudini, di attese, di fiducia costruita con pazienza.
“Scegliersi” significa riconoscersi, smettere di difendersi, fidarsi. È un atto reciproco che richiede tempo. E quando succede, avviene uno scatto nelle vite dei protagonisti: Margherita e Lorenzo passano dalla decisione di aprire le proprie vite all’affido, alla scelta di essere genitori affidatari di quel bambino; Matteo passa dal lasciarsi portare in una casa e una famiglia sconosciute, allo scegliere di farne parte.
È un libro che parla di affido, di giustizia e di cura, ma soprattutto parla di amore come scelta consapevole. Perché ci si sceglie ogni giorno: quando si resta, quando si perdona, quando si impara di nuovo a fidarsi, ma anche quando si decide di andarsene per proteggersi e proteggere.
E allora sì, E poi ci siamo scelti è la storia di chiunque, per ragioni diverse e in modi differenti, si sia trovato nella condizione di poter scegliere e lo ha fatto.
Rosella Quattrocchi è un’assistente sociale, vive e lavora a Modena. Ha esordito nel 2019 con il romanzo Il cacciatore di orchi, nato dalla sua idea di un soggetto per una serie TV, e che, anche grazie alla favorevole accoglienza dei lettori, trova in queste pagine il suo proseguimento. Ha scritto inoltre monologhi e racconti con cui ha partecipato a eventi culturali e concorsi, classificandosi più volte tra i vincitori.


Nessun commento:
Posta un commento