29/10/25

Oliver Tweed e il quadro parlante

 

Articolo a cura di Raffaella Belardi, autrice del libro



In questo nuovo episodio, l'ispettore Oliver Tweed decide di portare il suo assistente Mocho a visitare la nuova pinacoteca della città. Dopo aver osservato con attenzione le tele di alcune sale, i due si accorgono che, nella stanza dedicata alle regine e alle imperatrici della storia antica, manca il ritratto della principessa Sissi. 

Senza perdere tempo prezioso, si lanciano all'inseguimento del presunto ladro e, grazie al fiuto infallibile di Mocho, lo scovano nel seminterrato del museo. Qui, però, scoprono che il quadro in questione non è stato rubato, ma è nelle zampe del suo 'creatore', il kerry blue terrier astrattista Mustawuff Della Selva.

Per delineare il personaggio del famoso pittore, mi sono ispirata a un professore colto e stravagante che ho conosciuto ai tempi dell'università e che sosteneva di aver creato un nuova corrente artistica in gradi di stimolare tutti i sensi. Al di là dei meriti e dei riconoscimenti ricevuti, le opere partorite da questo movimento d'avanguardia non hanno mai catturato il mio interesse e così anche Mustawuff è diventato un personaggio buffo, in grado di strappare un sorriso ai giovani lettori.

Raffaella Belardi vive in un paesino della provincia abruzzese, fra distese di ulivi e coloratissime vigne. Dopo aver terminato gli studi ed essersi laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha cominciato a dedicare il suo tempo libero alla stesura di fiabe e racconti per bambini. Per alcuni anni ha pubblicato le sue storie sul G. Baby delle Edizioni San Paolo. Per Il Ciliegio ha scritto Oliver Tweed e le orme dello yeti. Nel 2022 ha partecipato alla ventesima edizione del premio letterario “Il Battello a Vapore” e si è classificata al terzo posto con Kele e Songan, cuccioli coraggiosi.


27/10/25

Dico i detti con gli animali

 

Articolo a cura di Irene Fraschetti, autrice del libro

Cosa vuol dire “andar per rane”? Perché diciamo che “siamo quattro gatti”? Da dove nasce il detto “piangere lacrime di coccodrillo”? Queste sono solo alcune delle curiosità che scopriremo insieme nel nostro viaggio alla scoperta dei modi di dire della lingua italiana che coinvolgono gli animali.

Sono Irene Fraschetti, laureata in Lettere, con un passato da sceneggiatrice, oggi sarta presso un atelier di abiti da sposa. Per anni ho svolto l’attività di babysitter e l’idea per questo libro nasce proprio dall’aneddoto raccontato da uno dei bambini di cui mi prendevo cura.

Eravamo in macchina durante uno dei tanti tragitti scuola-casa-sport-parco quando il bambino, guardando assorto fuori dal finestrino, mi dice: “Tata, oggi a scuola ho sentito dire ‘zitto e mosca’…ma cosa c’entra la mosca?”.

Dopo aver soffocato una risata gli ho spiegato cos’è un modo di dire e gli ho fatto alcuni esempi, e il resto del viaggio in macchina è stato un elenco di detti di tutti i tipi.

Questa è la scintilla che ha dato vita a "Dico i detti con gli animali". L’idea originaria consisteva nel presentare i detti con illustrazioni letterali, curate da Silvia Allegra, e accompagnare i bambini oltre la letteralità attraverso il testo, che abbraccia il significato del detto, la spiegazione della sua origine, un esempio sul suo utilizzo e molte simpatiche curiosità sugli animali coinvolti.

A questo link è possibile visionare il booktrailer di Dico i detti con gli animali.

https://www.youtube.com/watch?v=dLhpdIUnk-I&feature=youtu.be


Irene Fraschetti laureata in Lettere, presso l’università di Roma Tor Vergata, vive a Sarzana, in provincia di La Spezia. Per molti anni ha svolto il lavoro di baby-sitter e con questo libro unisce la passione per la lingua italiana all’amore per i bambini.

24/10/25

Il Codice Numerico


Quattro amici adolescenti, mentre trascorrono una serata insieme, vengono catapultati in un’avventura fatta di eventi inspiegabili, tesori nascosti e indovinelli da risolvere.

Un racconto coinvolgente che, con un ritmo incalzante e tanti colpi di scena, parla di storia e mistero, ma anche di lealtà e amicizia.

Ecco come ci ha raccontato il suo libro il giovane autore, Fabrizio Di Gioia, rispondendo alle domande del papà Luigi, che ne ha curato le illustrazioni:

 

Fabrizio, racconta come ti è venuta l’idea di questa storia.

Perché mi annoiavo, durante l’ennesima partita di pallavolo di mia sorella, dentro una palestra, tra i rumori dei palloni e le urla del pubblico. Ho provato a leggere, ma c’era troppo baccano, così ho preso un’agendina nella borsa di mia mamma e, dopo aver fatto qualche disegno stilizzato di personaggi di Star Wars, ho iniziato a provare a descrivere la scena inziale di una storia inventata che avevo ben chiara in testa, e pian piano ho aggiunto qualche passaggio. Col passare del tempo, però, hanno cominciato a piacermi quei momenti in palestra, perché riuscivo ad avere maggiore ispirazione e a proseguire con la mia storia.

Avevi immaginato che potesse diventare un libro?

No, lo sognavo nella mia fantasia ma non credevo potesse diventare realtà. Tu mi hai proposto di lavorarci seriamente, come se avessi dovuto mandarlo a una Casa Editrice; mi hai fatto mille domande, a cui dovevo dare risposta nella storia, per migliorare le descrizioni, me lo hai fatto rileggere tante volte per cercare errori e parti da migliorare… a tratti è stato faticoso, ma è stato particolarmente bello inventarci le parti misteriose cercando i collegamenti con l’Impero Romano e ragionare per settimane per trovare il miglior modo per completare la storia.

Perché hai voluto aggiungere delle immagini?

Alcune scene le avevo così chiare in testa che mi sarebbe davvero piaciuto farle vedere a chi avrebbe letto la storia; un modo per farlo entrare ancora di più nella narrazione. Non so se posso dirlo, ma all’inizio, quando ti ho chiesto di poter aggiungere delle immagini, hai provato con l’intelligenza artificiale, che ridere! Ci proponeva delle scene che non c’entravano nulla rispetto a come me le immaginavo io, aggiungeva un sacco di particolari di troppo e così sembrava tutt’altra storia…
Alla fine ti ho convinto a tirar fuori dall’armadio i tuoi acquarelli e ad accontentarmi nel disegnare quello che avevo in testa.


Un’ultima domanda, prima che mi scappi via... Quale messaggio vuoi trasmettere con questo libro?

Non avevo pensato di dover avere un messaggio da trasmettere raccontando una storia. Poi però scrivendo e rileggendo ho ritrovato l’importanza dell’amicizia, del potersi fidare degli altri e del riconoscere le cose importanti.
Ma soprattutto mi piace trasferire agli altri ragazzi della mia età il fatto che se hanno un’idea, un sogno da voler realizzare, anche se sembra lontano o difficile, se si impegnano e si fanno aiutare, tutto si può realizzare! Parola di sognatore.

Papà Luigi e Fabrizio Di Gioia


Fabrizio Di Gioia nato ad Asti a novembre 2014, è appassionato di Star Wars, di Lego, scacchi e tennis. Sempre curioso e creativo, pone spesso domande, alcune delle quali riescono a mettere in difficoltà insegnanti e genitori. Interessato al giornalismo, è solito appuntarsi situazioni e idee dalle quali qualche volta nascono storie avvincenti, come nel caso di questo suo primo libro, scritto mentre frequentava la quinta elementare. Le illustrazioni sono realizzate da Luigi, papà di Fabrizio. Pubblicato da Il Ciliegio ad ottobre 2025.


23/10/25

E poi ci siamo scelti

 

 Articolo a cura di Rosella Quattrocchi, autrice del libro

Anche dopo la conclusione de Il cacciatore di orchi, sapevo che quella storia non era finita. Non lo era per me e non lo era per loro: per Chiara, per Matteo, per quella famiglia che nel primo romanzo era un approdo momentaneo, una casa provvisoria dove ricominciare a respirare. 

Si concludeva un capitolo delle loro vite, ma a ogni fine segue un inizio e E poi ci siamo scelti nasce proprio lì, nel tempo sospeso del dopo.

Nel primo libro avevo raccontato il buio, la paura, la scoperta della verità. Avevo voluto dare voce a un bambino ferito e a chi, nel mondo reale, ogni giorno si prende cura di storie come la sua, a Chiara, l’assistente sociale che, con passione e fragilità, si impegnava per proteggerlo e restituirgli la possibilità di fidarsi ancora. Era una storia di coraggio e di giustizia, ma anche di dolore e di solitudine: il momento in cui la verità si fa strada, ma tutto il resto sembra ancora da costruire.

Ora volevo raccontare il dopo, o meglio “un dopo” perché potrebbero essercene tanti. Cosa succede dopo? Dopo l’urgenza della protezione, della tutela, dopo la conclusione del processo. Come si vive con le cicatrici, come si ricomincia a fidarsi? E come vive chi apre la propria casa all’accoglienza anche senza sapere che forma abbia e cosa porti con sé?

Il nuovo romanzo è un seguito, ma anche una nuova partenza: là dove il primo terminava con la protezione e il processo, qui comincia la ricostruzione.

E poi ci siamo scelti è la risposta a queste e altre domande. E come già anche ne Il cacciatore di orchi la storia principale è affiancata da altre storie, alcune di tenore più leggero, perché non è e non vuole essere un romanzo emotivamente pesante, per quanto raccolga emozioni intense.

Matteo è cresciuto, ora è un adolescente che deve imparare a convivere con i segni del suo passato e a lasciarsi accogliere da chi lo ama. Margherita e Lorenzo, la coppia che lo ha accolto, non sono eroi: sono due adulti imperfetti, pieni di dubbi, non hanno ricette infallibili e si interrogano di continuo, ma sono capaci di restare. Di esserci. E poi c’è Chiara, l’assistente sociale, che continua a camminare accanto alle famiglie e ai ragazzi che incontra, con determinazione ma non senza vulnerabilità. Un ponte tra ferita e rinascita, con la stessa ostinazione di chi sa che non esistono vite “aggiustate”, ma solo vite accompagnate. Nel nuovo libro non c’è più l’urgenza della denuncia, ma la lentezza della cura. È un romanzo che parla di colazioni insieme, di serate silenziose, di parole che mancano e di gesti che riempiono.

È il tempo dell’affido: fatto di nuovi equilibri e nuove abitudini, di attese, di fiducia costruita con pazienza.

“Scegliersi” significa riconoscersi, smettere di difendersi, fidarsi. È un atto reciproco che richiede tempo. E quando succede, avviene uno scatto nelle vite dei protagonisti: Margherita e Lorenzo passano dalla decisione di aprire le proprie vite all’affido, alla scelta di essere genitori affidatari di quel bambino; Matteo passa dal lasciarsi portare in una casa e una famiglia sconosciute, allo scegliere di farne parte.

È un libro che parla di affido, di giustizia e di cura, ma soprattutto parla di amore come scelta consapevole. Perché ci si sceglie ogni giorno: quando si resta, quando si perdona, quando si impara di nuovo a fidarsi, ma anche quando si decide di andarsene per proteggersi e proteggere.

E allora sì, E poi ci siamo scelti è la storia di chiunque, per ragioni diverse e in modi differenti, si sia trovato nella condizione di poter scegliere e lo ha fatto.



Rosella Quattrocchi è un’assistente sociale, vive e lavora a Modena. Ha esordito nel 2019 con il romanzo Il cacciatore di orchi, nato dalla sua idea di un soggetto per una serie TV, e che, anche grazie alla favorevole accoglienza dei lettori, trova in queste pagine il suo proseguimento. Ha scritto inoltre monologhi e racconti con cui ha partecipato a eventi culturali e concorsi, classificandosi più volte tra i vincitori.


22/10/25

Lola un amore di stella

 

Articolo a cura dell'autrice del libro, Enrica Mambretti

“Il Grande Pittore, dopo aver colorato l’Amore, avanzò qualche pennellata di rosso e per non sprecarla la distribuì sulla bianca Amicizia tingendola di rosa.”

Cos’è l’Amicizia? Cos’è l’Amore?

Queste sono le domande che si pone Lola, un cucciolo di stella marina che vive nel Mar Mediterraneo. 

Per cercare la risposta intraprenderà un viaggio avventuroso alla ricerca di mari più puliti e si troverà ad affrontare molte esperienze, alcune esaltanti, altre dolorose, che la porteranno a conoscere meglio la vita. 

Lola scoprirà la solitudine, la mancanza di libertà, ma anche la gentilezza e la bontà. Imparerà a distinguere la differenza tra voler bene e voler possedere. Sperimenterà la paura e poi il coraggio, che spesso è solo un passo dietro.

E infine capirà che “l’amicizia e l’amore sono frutti della stessa pianta”.

*****

Ho scritto questo racconto prendendo spunto da un sogno singolare che mi è capitato di fare durante una vacanza al mare e che mi ha lasciato sensazioni piacevoli. 

Nei sogni può accadere qualunque cosa ed è possibile che gli animali, come la stella marina Lola, possano parlare e comunicare con gli esseri umani. 

Forse… anche nella vita può essere così! Con gli animali io ho sempre parlato, fin da piccola, perché credo che siano in grado di comprendere – se non il significato preciso delle parole – almeno il senso di ciò che dico. Non solo: sono anche convinta che mi rispondano! Il loro linguaggio è fatto di posture, di movimenti delle orecchie o della coda, di piccoli contatti o altri segnali da interpretare.

Sono un medico veterinario e dopo tanti anni dedicati a prendermi cura degli animali, ho imparato a prestare loro attenzione, ad “ascoltarli”, e ho scoperto che sono capaci di provare amicizia disinteressata e amore.

Per questo motivo ho voluto scrivere la storia di Lola e così, attraverso il suo sguardo semplice e il suo cuore ingenuo, ho parlato dell’amicizia e dell’amore, sentimenti che rendono vulnerabili, che fanno emergere le contraddizioni dell’esistenza e tuttavia offrono la forza per superarle.

Il viaggio di Lola, che la costringe a misurarsi con se stessa e con gli altri, è anche il nostro percorso alla ricerca della felicità. Uno stato d’animo che va coltivato con garbo e che è alimentato proprio dai sentimenti più luminosi, quelli che fanno “brillare le stelle”.  

*****

 “C’era una volta…”. 

Per scrivere questo racconto, che è rivolto ai bambini ma anche agli adulti, ho scelto il linguaggio delle fiabe. Sono infatti convinta che nel treno della comunicazione siano proprio i vagoni delle parole semplici quelli più capaci di portare in giro per il mondo il significato delle emozioni e dei sentimenti. 

Enrica Mambretti

Enrica Mambretti, veterinaria e scrittrice, per molti anni ha svolto la professione medica in provincia di Como. Nei suoi scritti ha sempre dato spazio e voce agli animali. L’amore per la natura e la gioia di conoscere la portano spesso a viaggiare, ispirandola nella scrittura. È autrice di romanzi e raccolte di racconti: In cammino verso Santiago (2015), Paso Doble (2017), Limpida è la sera (2019), Come nuvole innamorate (2020), Tutti i giorni davanti a me (2022), Frecce dall’azzurro cadute (2025). Molti suoi racconti sono stati pubblicati in volumi e antologie. Le sue opere hanno ottenuto importanti riconoscimenti letterari.

 


21/10/25

Nell'abbraccio dell'acqua

 

Articolo a cura di Fabrizio Brignone, autore del libro


“Nell’abbraccio dell’acqua” segue e arricchisce “Nella foresta della nebbia”: questa volta la protagonista è una ragazzina, Laver, che vuole lasciare la foresta per raggiungere il mare, metafora della ricerca di sé, della propria identità e di nuove esperienze. Il viaggio avviene in solitaria, con tanti incontri lungo il cammino verso le spiagge e addirittura negli abissi, in un percorso di crescita e di scoperta attraverso un mondo ricco di fantasia e di magia. Senza mai perdere il sorriso e fino a trovare “la miglior versione di sé”.

Il mare e l’acqua come metafore dell’andare oltre la quotidianità per incontrare davvero se stessi, per scoprire la propria identità e modellare il carattere attraverso le esperienze. E sono davvero tante le metafore e i simboli, in questo libro: la fantasia è quasi una scusa per amplificare, per raccontare ancora più a fondo la realtà.

“Nell’abbraccio dell’acqua” si sviluppa con tanti incontri e dialoghi come momenti di confronto e di riflessione, ciascuno con un messaggio, un valore, un piccolo aiuto per affrontare meglio la vita di ogni giorno. Ecco allora che la carovana diventa metafora dei social network, la signora dei fiori esprime la genitorialità, la baia degli amori naufragati è occasione per confrontarsi sull’amore, una stella marina sceglie l’isolamento sociale, un pesce danza per un amico che non c’è più. E ancora il tatuatore, il raccoglitore di perle, la maga della luna, Pelledacqua e tanti altri personaggi.

Non mancano soggetti ed episodi strani, surreali, magici: umani, animali e vegetali, tutti in dialogo e in connessione continua tra loro, com’è nella potenza e nella ricchezza della vita. E insieme ci sono le sfide, che ognuno di noi affronta fuori e dentro di sé. In questo caso, quella di diventare grandi in un mondo non semplice, attraverso strumenti e consapevolezze che sono della nostra contemporaneità e insieme rispondono a domande che non tramontano mai.

È stata una bella sfida inventare una storia di crescita ambientata in mondi di fantasia, descrivere luoghi e personaggi con una scrittura vivace e ritmata per coinvolgere gli adolescenti, trasmettendo messaggi, riflessioni e valori importanti per loro e insieme trasversali a ogni età, per riflessioni non superficiali in ogni fase della vita. La ricerca della propria identità e dei propri sogni, l’autonomia e l’aiuto, la determinazione e l’entusiasmo, il coraggio, l’amicizia, l’altruismo e il rispetto per la natura: “Nell’abbraccio dell’acqua” e “Nella foresta della nebbia” sono romanzi destinati solo apparentemente a ragazzi e adolescenti, raccolgono storie e valori per coinvolgere i lettori più giovani e insieme farsi apprezzare da un pubblico di tutte le età.

L’opera precedente era dedicata a mio figlio, dato che l’ispirazione era giunta proprio dalle storie che inventavo per lui, mentre lo coccolavo in fascia o nel passeggino. L’idea era quella di scrivere per lui una favoletta a sfondo ecologista, come messaggio di “benvenuto nel mondo”, nella stupenda e preziosa casa comune che è la natura; poi i personaggi si sono moltiplicati e la storia si è arricchita, ed ecco i due libri. Nel secondo mi sono concentrato su una ragazzina che affronta il viaggio da sola e ritaglia anche momenti per sé, per raccogliere i pensieri, in una chiave più introspettiva e più ricca di sfumature, com’è nell’animo femminile. Per questo e per il ruolo determinante dell’acqua, il libro è dedicato a mia moglie.


Fabrizio Brignone 


Fabrizio Brignone è nato a Cuneo, dove vive, il 29 ottobre 1974. Diplomato al Liceo classico e laureato in Scienze della Comunicazione, è giornalista professionista dal 2001; è redattore del settimanale cuneese La Guida, dove iniziò come collaboratore nel 1994. Ha avuto esperienze in radio e televisioni locali; tra il 2000 e il 2010 ha anche collaborato con il gruppo Il Sole 24 Ore (in particolare per il supplemento settimanale “Nord Ovest”) e con l’agenzia giornalistica Agi.

È autore di pubblicazioni di vario genere: “La Guida, il nostro stile. Un manuale di scrittura per l’informazione locale” (2000, sintesi e adeguamento pratico della tesi di laurea “I codici di stile. Consapevolezza e autodisciplina nella stampa europea”); “La ragazza coi tarocchi e altri racconti newyorkesi” (2017); “Ultimo minuto” (2018, romanzo selezionato al premio nazionale Eri-Rai “La Giara” 2013-2014); “Nascono da sole e sanno chi sei. Vasco e Ligabue nelle loro canzoni” (2019); oltre a contributi in altre opere, tra cui storie di imprenditori del cuneese. Con Il Ciliegio ha pubblicato “Nella foresta della nebbia” (2024), di cui si ritrovano personaggi e atmosfere anche nella nuova opera “Nell’abbraccio dell’acqua”.

 


 


30/09/25

IO VOGLIO UN CAVALLO

 

Un racconto ironico e scanzonato, ma in grado di far riflettere chi lo legge. Valentina è una bimba molto determinata che desidera avere un animale. Non un animale qualsiasi, però, bensì... un cavallo. I genitori cercano di dissuaderla, nonostante la sua insistenza, contrapponendo al punto di vista sognante della figlia il loro modo di vedere le cose, ben più pratico e concreto. Il finale rivelerà una maniera diversa di prendersi cura gli uni degli altri.

Quando siamo piccoli siamo mossi da tanti desideri. Realizzabili, bizzarri, delicati o irruenti. Nella mia esperienza di insegnante della scuola primaria ho parlato tanto di desideri e sogni con i bambini e le bambine delle mie classi, e sono sempre rimasta affascinata da ciò che matura e si muove nel loro mondo fantastico. Da piccolo capire quale sarà il tuo cammino non è difficile. 


Piuttosto è un misto di suggestioni e passioni che accompagnano a definire, chi si vuole diventare e che lavoro fare “da grandi”. I desideri, se non sono troppo incanalati, sono liberi e spesso non lineari. Si muovono tra le strade del possibile: sarò un astronauta che riesce a volare senza casco, un subacqueo delle profondità marine, una cantante di bolle di sapone…avrò i capelli lunghissimi e rosa, le ali variopinte e un unicorno colorato…

Tutto è possibile nel mondo dei desideri. Costruendo una strada fatta di un passo dopo l’altro. Come nella realtà. Poi ci sono i desideri più realizzabili e “piccoli” che ricorrono spesso, come, avere accanto a sé un animale. Credo che nonostante l’immaginario dei bambini e delle bambine oggi sia molto influenzato dalle proposte commerciali e provenienti da film e videogiochi, il rapporto con gli animali rimanga tutt’oggi, profondo.

Anche per i bambini di città o cresciuti nella tecnologia, il rapporto con la natura e gli animali rimane un archetipo intatto. Ecco perché ancora le storie per l’infanzia parlano loro di volpi gentili, di conigli coraggiosi, di gattini generosi ma anche orsi arrabbiati, cani dispettosi… permettono loro di affrontare le avventure quotidiane ed emotive con la presenza rassicurante e sincera degli animali accanto a sé. Aiutanti reali o immaginari che permettono loro di capire come funzionano il mondo e le relazioni.

Sono stata una bambina di città. Incontravo la natura durante le estati dai nonni; la natura mi ha sempre parlato e scandito la mia meraviglia. Ho incontrato amici e animali all’aria aperta. Una bella fortuna. Ma non ho mai avuto un animale accanto, fino all’età adulta. Non ho mai avuto un pesce rosso, un cagnolino, un gatto. Io volevo un cavallo. Forse per questo non sono stata accontentata, è decisamente un desiderio “fuori misura.” Li ho desiderati tanto. Li ho disegnati tanto. Ho scritto avventure con loro. Quel desiderio e quei disegni mi hanno nutrito. 

Volevo diventare una scrittrice. E ora, finalmente, scrivo storie dove i miei personaggi parlano e vivono tutte queste cose insieme. Da questi pensieri nasce la storia Io voglio un cavallo, una storia ironica ma riflessiva. Volevo scrivere dei desideri dei bambini e delle bambine, per questo ho cominciato a pensare a una storia in cui la determinazione della protagonista avrebbe superato gli ostacoli che le si sarebbero proposti. E quale miglior modo di trovare degli ostacoli, se non desiderare una cosa impossibile?

Se scrivo è perché credo che questi pensieri siano universali e che possano incontrare la sensibilità di chi legge e sfoglia un albo illustrato, riconoscendo in quella storia, un pezzetto della propria. Io voglio un cavallo, ripete la protagonista. Con tanto convincimento e tenacia da mettere in difficoltà i propri genitori. Non voglio un gioco, non voglio una decorazione sul pigiamino, non uno sfizio… voglio proprio un cavallo. 

Perché saprò prendermene cura, e lui di me. Con lui sarò forte e sicura. Le illustrazioni di Luisa Scopigno, mia compagna di avventure letterarie e amica, accompagnano la protagonista in questa sua ricerca. Luisa ha saputo dare immagine alle mie parole con delicatezza e il suo tratto allegro. Anche le immagini ci conducono a un finale della storia non banale e scontato.

Ma non voglio svelare il finale della storia… cosa potrà nascere da questo desiderio fuori misura?... forse un sogno smisurato.

Tiziana Tosi insegnante di italiano e arte nella scuola primaria, unisce la passione per i disegni, le parole e la didattica, nei libri che scrive. Disegna le sue storie con una “penna bambina”, indirizzandole ai piccoli che stanno muovendo i passi nel percorso della crescita. Ha illustrato Orso Palloncino (Indomiti pensieri differenti) e pubblicato Nalin e le cinque saggezze (La strada per Babilonia), Un mostro piccolo, piccolo (Voglino), Il pescatore di nuvole (La strada per Babilonia), La mamma è mia (La fabbrica dei segni), Ti abbraccio Teheran (Le pecore nere).

29/09/25

Un Fantasma in frac

 

La storia di un piccolo fantasma in frac che attraversa i paesi di mare e di montagna portando con sé un acchiappafarfalle e una grande valigia senza fondo, dove mettere tutte le paure dei bambini. Il libro ha lo scopo di aiutare i bambini che hanno paura di qualcosa mettendo in luce alcuni messaggi: la paura è un’emozione naturale e valida, a tutti capita di provarla, piano piano è possibile “addomesticarla” e soprattutto non si è mai soli quando la si deve affrontare, c'è sempre qualcuno pronto a donare ascolto e sostegno emotivo.


La storia del Fantasma in Frak nasce da due aspetti che definirei biografici. Il primo riguarda la mia passione per le fiabe, una passione che nasce da molto lontano. Da una nonna che si chiamava Italia. Quando ero bambina pensavo che nessuno fosse più brava di lei a raccontare fiabe e favole.  

Preparare l’atmosfera, modulare la voce, creare la magia, suscitare la suspense fino all’ultimo respiro dell’ultima parola: questo era il suo vero talento. Le preferite quelle di Perrault, le adoravo. Non potrò mai scordare come le narrava, se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire la sua voce. Era talmente brava che avrebbe potuto permettersi di raccontare le pagine gialle, con me lì estasiata sotto la pesante trapunta. Dormivo con la nonna e non avrei mai rinunciato a quello che io ritenevo un sacrosanto privilegio: addormentarmi al suono della sua voce, mentre raccontava la fiaba serale.

Il secondo aspetto invece si riferisce al mio lavoro di Pedagogista e Facilitatore in Mindfulness. Per i miei bimbi e le loro famiglie sono la dottoressa delle emozioni e dovete sapere che proprio grazie alla pratica professionale ho maturato la convinzione che la fiaba sia un potente strumento di comunicazione e di cura. 

Non solo per i bambini, ma anche per gli adulti perché il piacere di ascoltare le fiabe non ha tempo, né spazio, né età. Esse continuano a parlare al cuore e alla mente di adulti e bambini, entrati ormai a pieno titolo nel terzo millennio. Possiedono un potente valore terapeutico, psicologico ed educativo. Un valore che va salvaguardato e rivalutato. La fiaba che diverte, che fa sognare, che apre alla fantasia, che contatta le emozioni, la fiaba che cura, che guarisce. E ancora. La fiaba che allena l'ascolto e l'attenzione, che potenzia la mente, che crea complicità, che permette di esprimere le ansie, suggerendo contemporaneamente soluzioni ai problemi che ci assillano. 

Quando l'adulto legge una fiaba è come se aprisse un forziere, contenitore di straordinari tesori, che trasportano il bambino in un mondo fantastico, meraviglioso. Tesori che aiutano a scoprire le soluzioni adattive e in maniera limpida inviano il messaggio che nella vita le fatiche esistono, ma sono superabili. Tesori che racchiudono dentro di sé la pillola dell’ottimismo: invitano a non rinunciare, a non abbandonare la strada della ricerca perché molto presto la soluzione si troverà. Tesori che permettono alle emozioni di trovare la giusta via verso l'ordine e l'armonia. 

Addirittura dati clinici dimostrano come i bambini piccoli a cui si legge e si narra, si ammalano di meno perché fanno esperienza di benessere e di serenità. Lo sguardo, la voce, il calore, la vicinanza sono tutte promesse di felicità poiché la valenza più grossa del raccontare sta racchiusa in questa immagine della piacevolezza, che unisce il bambino e l’adulto. È proprio questo che rende indimenticabile l’esperienza al bambino e così pure il rapporto con chi gli legge una storia. Oserei dire che il rapporto che si crea nel raccontare una fiaba, non si crea in nessun altro modo.

La mia fiaba parla ai bambini della paura e vuole farlo consegnando al loro cuore i seguenti messaggi. Che la paura è un’emozione naturale e valida come tutte le altre, che a tutti i bambini capita di provarla, che piano piano è possibile confrontarsi con essa trovando strategie utili per addomesticarla e soprattutto che non sono soli, c' è sempre qualcuno pronto a donare loro ascolto comprensivo e sostegno emotivo. 

Proprio come fa il protagonista della fiaba, un simpatico Fantasma in Frak che, con i suoi strumenti magici e con il coinvolgimento stesso dei bambini li aiuterà a immaginare un modo per lasciare andare le paure. 

Come? Con la giusta dose di magia e creatività e con l’aggiunta di qualche piccolo richiamo ai fondamenti della Mindfulness, metodo che aiuta i bambini a sviluppare fin dalla più tenera età, consapevolezza, stemperando pensieri ansiosi e paure grazie al respiro e all’immaginazione.

In ogni fiaba che scrivo “c’è” mio figlio Gabriele, fonte di ispirazione per i miei racconti, mio talismano speciale, presenza di luce bellissima nella mia vita. Ci sono anche tutti i bambini che ho incontrato in studio e nelle scuole dell’infanzia. A loro vorrei dire: sappiate di avere il diritto di provare paura e così pure di poterla raccontare. Vorrei per ultimo far arrivare a tutti gli adulti che leggeranno questa fiaba a un bambino o una bambina questo augurio: possiate essere capaci di ascoltarli, rassicurarli e proteggerli.  Possiate soprattutto essere dei buoni acchiappapaure.

Concludo con questo pensiero. Credo che in tutti i momenti della vita, i bambini, abbiano un piede nella fiaba e uno nella realtà. Ogni bambino dovrebbe saper camminare nella realtà convinto di possedere dentro di sé delle forze magiche, pronte a sostenerlo. È una consapevolezza o forse semplicemente una speranza, che noi adulti possiamo donare loro, anche attraverso il racconto delle fiabe.


Gabriella Arcobello, nata a Como nel 1966, è pedagogista, psicometrista, consigliere di orientamento scolastico e professionale, esperta di problematiche psicopedagogiche. Si occupa di prevenzione in età evolutiva, lavorando con bambini, genitori, insegnantie conduce corsi di formazione per docenti, educatori e genitori.Ha scritto Nove possibilità di donna (Effatà, 2012), due libri illustrati di fiabe per bambini (Ti dono una fiaba, Monti, 2012; Storie di cose così,Monti, 2013) e il romanzo Come fiocchi di neve (Lettere animante, 2015). Per Edizioni il Ciliegio pubblica Stella Piccina va all’asilo, La scimmietta Arianna e il dottor Talpone e La Bacca Rossa e Babbo Natale, Che fine hanno fatto i Sette Nani? e Un fantasma in frac.

26/09/25

La stanza bianca

 

All’inizio delle vacanze estive Nicola riceve una lettera di convocazione per partecipare a un esperimento di ricerca psicologica sulla generazione Z. All’appuntamento ci sono tanti altri ragazzini che vengono rinchiusi in una enorme stanza bianca dove ha inizio un gioco dominato da amicizia e spietata competizione.

Ecco cosa ci ha raccontato sul libro, la sua autrice Aurora Vannucci: "

La stanza bianca è una storia che ho scritto in contemporanea con Underground (sempre pubblicato con Edizioni Il Ciliegio nel 2024) nell’estate fra la prima e la seconda superiore, quando avevo solo 15 anni. 

Proprio per questo il libro inizia descrivendo il primo giorno di tre mesi di vacanza, quello in cui finalmente puoi dormire fino a tardi, e fin dalle prime righe si respira una libertà… Che sarà soffocata per tutto il resto della narrazione. Infatti questo libro è nato sì quando

avevo quindici anni, quando dovevo essere una ragazzina attiva, curiosa e piena di vita, ma non potevo esserlo perché quando avevo quindici anni ero chiusa in casa. L’Italia e tutto il resto del mondo era in lockdown. 

L’estate fra la prima e la seconda superiore è un rito d’iniziazione. È l’estate in cui ti senti grande perché hai finito il tuo primo anno nella scuola dei grandi. È l’estate in cui i tuoi genitori ti concedono di tornare a casa più tardi la sera. È l’estate in cui la vera famiglia diventano gli amici, è l’estate dei primi amori. 

Noi ragazzi che oggi abbiamo vent’anni non abbiamo mai avuto quindici anni, non abbiamo mai vissuto queste sensazioni e non potremo riaverle indietro. Però possiamo immaginarle e possiamo scriverle per regalarle ai quindicenni di oggi.

Infatti questo libro parla di amici che diventano una famiglia e di primi amori. È la storia di giovani forti che si rendono conto di essere fragili e di ragazzini fragili che si rendono conto di essere forti. È la storia di Nicola, un ragazzo insicuro e senza amici costretto a socializzare e a collaborare con gli altri riuscendo addirittura a diventare un leader; è la storia di Roberto, ragazzo dalla bassa autostima per i suoi pessimi voti che riesce a trovare la sua strada lontano dall’ambiente scolastico; è la storia di giovani adulti che cambiano, sbagliano e alla fine crescono, perché questa è l’unica via per trovare, o quantomeno provare a trovare, la propria identità. 

In una parola: La stanza bianca è l’adolescenza.

                                                                        Aurora Vannucci


Aurora Vannucci ha diciassette anni e risiede a Parma. Frequenta il Liceo, pratica sport, scrive, legge, disegna e viaggia. Ha partecipato a svariati premi letterari per ragazzi e adulti con eccellenti risultati. Nel dicembre 2021 è stata insignita dell’onorificenza di Alfiere della Repubblica. Ha una pagina Instagram aurora.writer.vannucci e una pagina facebook I libri di Aurora.

22/09/25

Il giorno in cui Anna cercò suo marito in un cassetto


Enrico decide di prendersi un congedo dal lavoro per assistere sua madre Anna, malata di Alzheimer, e scopre in questa esperienza dolorosa un’opportunità per migliorarsi e vivere più intensamente. Davide Cabassa definisce lo scopo della narrazione “egoisticamente terapeutico”, poiché in essa condensa anche la propria esperienza di vicinanza alla madre affetta dalla stessa patologia della protagonista dell’opera. 

Ritiene che “possa risultare utile alle persone che stanno vivendo un’esperienza simile”, anche perché ha “raccolto informazioni utili da esperti in materia e scoperto con stupore che almeno la metà delle persone affette da Alzheimer, nella fase intermedia della malattia, si sentono felici”.

Ecco cosa ci ha raccontato Davide Cabassa su come è nato il suo libro, e su tanto altro ancora: "Rimasi senza parole il giorno in cui mia madre mi guardò negli occhi senza riconoscermi.

Accadde in un pomeriggio di primavera, sulle stradine acciottolate del borgo dove era nata. Eravamo seduti sul muretto vicino alla fontana della piazza e all’improvviso lei mi osservò stranita, come se mi vedesse per la prima volta.

In quel momento sentii il mio cuore spezzarsi, ma riuscii ad accennare un sorriso per non farla sentire in colpa. «Mamma, sono io... Davide» le sussurro dolcemente.

Rimane in silenzio a guardarmi preoccupata. Sembra una studentessa che sta sostenendo un esame e teme di non avere studiato abbastanza. Così prende dalla sua borsetta una vecchia foto in bianco e nero in cui è ritratta la nostra famiglia: insieme a lei con il vestito da sposa, ci sono mio padre e i miei nonni.

Dopo averla osservata per alcuni minuti, mi chiede timidamente: «Mi scusi, signore, sa dirmi chi sono queste persone che mi sorridono?» Da questa scena dolorosa, ma piena d’amore, è nato il romanzo "Il giorno in cui Anna cercò suo marito in un cassetto", ispirato alla storia vera di mia madre, che combatte contro l’Alzheimer dal 2018.

Il romanzo è dedicato a chi assiste i propri cari con questa malattia, cercando ogni giorno di riconnettere un filo spezzato, anche solo per un istante. Perché forse l’Alzheimer ruba i nomi, ma non potrà mai cancellare l’amore ❤️

SIAMO CIÒ CHE RICORDIAMO?

Ogni mattina mia madre si siede al mio fianco su una panca davanti alla sua casetta con giardino. Restiamo in silenzio, sereni. Mi guarda stupita come se non mi vedesse da tanto tempo.

 «Come stai, carissimo? Che bella sorpresa!» esclama soddisfatta, ma senza aggiungere il mio nome. Chissà cosa pensa Anna quando mi sorride e mi abbraccia, chissà chi pensa che io sia. Chissà quali idee strane attraversano la sua mente. Chissà quante cose sono reali e quante sono inventate, frutto di un emisfero cerebrale in cui ogni giorno muoiono centinaia di cellule.

Si pensi solo che quando insorgono i primi sintomi della malattia di Alzheimer, nel nostro organismo almeno ventimila miliardi di cellule sono già morte stecchite. Chissà quante ne restano ancora a mia madre, che mi osserva curiosa.

Poi si avvicina e mi regala una carezza sul viso. Così, senza dire nulla. Sono attimi che mi porterò nel cuore per consolarmi di tutte le volte che mi guarderà senza riconoscermi. Sono attimi di felicità a cui fa seguito la paura di perderla. Anzi, di averla già persa. La guardo in silenzio e rifletto sul significato della parola “identità ”, anche se è una questione complessa.

Cosa si intende per “identità”? Si tratta solo della consapevolezza che una persona ha di se stessa? Se così fosse, mia madre, con il tempo, la perderebbe totalmente. Quindi siamo ciò che ricordiamo? Anche se non le ricorda, Anna è l’insieme di tutte le esperienze che ha vissuto: infatti si emoziona, piange, mi sorride. Credo si tratti di un’identità sentita, anche se non consapevole.

È evidente che siamo ciò che abbiamo vissuto, visto che una piccola parte di noi resta cosciente di sé fino agli ultimi istanti di vita.

Dunque, in fondo, nessuno può perdere la propria identità.

Davide Cabassa insegna filosofia al Liceo delle Scienze Umane “Albertina Sanvitale” di Parma. Laureato in filosofia, ha collaborato con quotidiani, riviste letterarie e tv locali. Dal 2022 cura una rubrica nell’inserto culturale della Gazzetta di Parma. Da alcuni anni, insieme allo scrittore Guido Conti, coordina nel suo liceo un corso di scrittura creativa. Ha pubblicato Il segreto di Milena (2003), La ragazza che sorrideva alla luna (2004), Il segreto di Milena, seconda parte (2006) e Il coraggio di amare chi è diverso (2008). Infine, con Il Ciliegio, ha pubblicato La rabbia e la gioia d’insegnare (2016), La gioia d’imparare a essere se stessi (2021) e il romanzo Una sera d’estate tornerò da te (2022), Il cielo sopra la Baia dei Sospiri (2024), ottenendo un buon successo di vendite in tutta Italia, e Il giorno in cui Anna cercò suo marito in un cassetto (2025).


19/09/25

Tinea - Il tarlo

 

«Consapevole della responsabilità morale e giuridica che comporta la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non omettere nulla di quanto è a mia conoscenza.» Con queste parole, il dottor Gian Luigi Sala, psichiatra presso la Casa di Cura “Villa Serena” nei pressi del Lago di Garda, affronta il processo che lo vedrà assolto, dichiarato inequivocabilmente innocente. Qualche tempo prima, a Torino, nella Biblioteca Reale, si era trovato coinvolto in una colluttazione, durante la quale, in un gesto di autodifesa, aveva ucciso il suo aggressore: un monaco. Ma cosa lo aveva portato a vivere quell'evento così doloroso? L'amicizia con un suo paziente: Vincenzo, un ex monaco, in cura per presunta schizofrenia, e la sua appassionata ricerca sulla verità riguardo al Sacro Graal. Un'indagine bruscamente interrotta a causa dell'ostilità dei suoi confratelli. Gian Luigi non era solo in questa impresa. Al suo fianco c'erano Laura, la sua compagna, e i suoi due amici, Carlotta e Lorenzo, esperti d'arte. Un gruppo unito, impegnato in un'avventura ricca di mistero, amicizia, fiducia e amore.

Ecco cosa ci ha raccontato Marta Zanni, l'autrice del libro, sulla storia da lei creata: 

"Su Tinea - Il tarlo si potrebbero raccontare tantissimi aneddoti legati alle leggende, alle storie narrate su Venezia, le stesse che hanno ispirato questo mio ultimo romanzo.

Il racconto si dipana principalmente tra Torino e la città lagunare, luoghi che mi hanno vista nascere e poi crescere. Tra i vari segreti, i sotterfugi che portano a scoprire cosa si nasconde dietro al celato, spicca il valore dell'amicizia, dell'amore, quei sentimenti che uniti da un filo invisibile portano vite così diverse tra loro, a raggiungere un fine comune.

Un romanzo di avventura, che al di là della scoperta che può elevare il singolo, vuol dar rilievo a ciò che maggiormente può donare valore a un percorso, ossia il peso e l'importanza della condivisione, aspetto senza il quale un'esistenza non può definirsi completa."

Marta Zanni nata a Torino nel 1975, attualmente risiede a Venezia, dove lavora come impiegata in banca. Con le sue opere è stata finalista in vari concorsi letterari. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo di esordio Vittoria!, nel 2017 Il coraggio di un disertore e nel 2023 Rebus veneziano.


18/09/25

Rafat - Il leone bianco

 

Rafat, il leone bianco che insegna a credere in sé stessi

Articolo a cura di Iacopo Montagni, autore del libro

"Ogni libro ha una storia, e non parlo soltanto di quella scritta tra le sue pagine. Rafat è nato molto prima della stampa, lungo sentieri di montagna, tra passi incerti e occhi curiosi.

Volevo motivare i miei figli durante le nostre escursioni: a ogni salita, a ogni deviazione, c’era una nuova traccia lasciata dal leone Rafat, anche lui in viaggio come loro. Così, tra una sosta e un respiro affannato, la fantasia si è intrecciata con la realtà. Rafat non era solo un personaggio, era un compagno invisibile, una guida che li spronava a continuare l’avventura.

La storia del leone diverso

Rafat è uno splendido cucciolo di leone nato con un dono che inizialmente sembra una condanna: un manto bianco, impossibile da nascondere nella savana. Mentre gli altri felini si confondono tra l’erba alta, lui risplende come un faro, troppo visibile per diventare un buon cacciatore.

Questa diversità lo porta a sentirsi sbagliato, inadatto, persino condannato. Ma un incontro inatteso con una rondine gli apre un orizzonte nuovo: esiste un luogo dove il bianco non è un ostacolo, ma un’arma segreta. È il monte innevato chiamato “l’artiglio del felino”. Da quel momento, Rafat intraprende un viaggio che lo trasformerà, non solo come cacciatore, ma soprattutto come essere vivente che impara ad accettare e valorizzare la propria unicità.

Un libro per piccoli esploratori (e per i grandi che li accompagnano)

Rafat non è soltanto la storia di un leone diverso: è una favola che parla di coraggio, di identità e della forza di non arrendersi mai. È il libro perfetto da leggere insieme ai bambini, magari dopo un’escursione o prima di dormire, per insegnare loro che anche ciò che sembra un difetto può diventare la chiave di un’avventura straordinaria.

Chi legge le pagine di Rafat non trova solo un racconto: ritrova lo spirito delle avventure in famiglia, la magia delle tracce da seguire, e la sorpresa di scoprire che ogni passo, anche il più faticoso, conduce a un nuovo orizzonte.


Iacopo Montagni laureato in Arti e scienze dello spettacolo, Scienze della formazione primaria, Scienze filosofiche, attualmente è insegnante di scuola primaria nella periferia romana. Vive nella capitale con la moglie e i due figli. Appassionato di lettura, gioco di ruolo e videogiochi; con Edizioni Il Ciliegio ha pubblicato Connessi nel tempo (2021) e Una settimana da mostri (2023), Giacomo, Bianca e i mondi nascosti (2024) e Rafat - Il leone bianco (2025).

12/09/25

Gino capriccino e i calma-trucchi

 

Gino capriccino e i calmatrucchi: intervista a due voci

C’era una volta un bambino con i capelli ricci e un bel sorriso. Il bambino si chiamava Gino. Ma tutti lo chiamavano Gino Capriccino, perché a Gino capitava spesso di urlare forte, piangere e battere i piedi per terra.

Che guaio! A Gino non piace essere chiamato Capriccino. E non gli piacciono neanche i capricci.

Allora la mamma gli insegna tanti calma-trucchi che lo aiutano a ritrovare la calma e a non perderla (quasi) più.

Questa storia dà voce alle emozioni del bambino che perde il controllo e allo stesso tempo offre degli utili spunti per aiutarlo a recuperare la calma e gestire con un atteggiamento positivo questa impegnativa tappa della crescita.

L’autrice Giorgia Cozza e l’illustratrice Romina Scarpanti, ci parlano di questo volume illustrato dedicato a tutti i bambini che si trovano a sperimentare per la prima volta emozioni forti come la rabbia, la frustrazione e il senso di impotenza. 

Giorgia, come è nata l’idea di un libro dedicato alle crisi emotive, i cosiddetti capricci? E tu Romina cosa hai pensato quando Giorgia ti ha proposto questo progetto?

GIORGIA: L’idea è nata da uno scambio con una lettrice, una mamma che mi aveva scritto per chiedermi se ci fosse un mio libro su questo argomento. Le avevo risposto di no e lei mi aveva salutato dicendo “Peccato. Pensaci!”. Ecco, quel “pensaci” è stato un seme che ha portato, un paio di anni dopo, alla nascita di Gino capriccino. Dal dialogo con le mamme, in occasione di incontri e conferenze e tramite i social, era emersa con forza la necessità di un testo che raccontasse i fatidici e temutissimi “capricci”. E così...

ROMINA: Ero entusiasta, perché di libri sui capricci il mercato ne era sprovvisto. E sapevo che Giorgia avrebbe fatto centro con la sua originalità e la sua capacità di comunicare ai più piccoli. Non vedevo l’ora di iniziare con lei questa nuova avventura.

Come è stato raccontare questo aspetto delicato della crescita attraverso il testo e le illustrazioni?

GIORGIA: Una bella avventura. Ho voluto raccontare cosa sono veramente quelli che siamo abituati a chiamare capricci, come si sente il bambino in quel momento, cosa succede dentro di lui. In questo modo il bimbo che legge può “ritrovarsi” tra le pagine e questo lo aiuta a capire meglio che cos’è quella tempesta che fa battere più forte il cuore e si traduce in urla e pianti. Un racconto che può aiutare anche i genitori a capire meglio il disagio dei loro bambini e che offre degli spunti utili per aiutare i bambini a ritrovare la calma. 

ROMINA: Una sfida, soprattutto nel creare (graficamente) un personaggio in cui il piccolo lettore potesse identificarsi. Ho scelto poi la matita grezza e una texture pastello per avvicinarmi ancora di più a ciò che potesse essere per lui più facilmente riconoscibile.

Punti di forza di Gino capriccino e i calma-trucchi...

GIORGIA: Il racconto della rabbia. I calma-trucchi. L’approccio allegro e rasserenante. 

ROMINA: Il concetto che i capricci siano visti sotto una luce nuova; come emozioni molto forti da accogliere con tranquillità e serenità… e ovviamente i suggerimenti creati da Giorgia per affrontarli e superarli  insieme al genitore.

Un aneddoto legato al testo/alle illustrazioni...

GIORGIA: A un certo punto la storia finisce sottosopra! Parole e immagini seguono le emozioni forti di Gino e così il piccolo lettore deve girare il libro a rovescio e poi di lato per continuare a leggere. Passata la crisi, tutto il mondo torna al suo posto, anche le pagine del libro.  

ROMINA: Ho ideato l’espediente della salopette di Gino. Ogni volta che Gino prova una determinata emozione, sulla salopette compare una situazione meteorologica diversa.

Con la rabbia appare il simbolo del temporale. Con la felicità il sole. E così via.

Adoro, laddove è possibile, raccontare una storia nella storia. Di solito sono dettagli che i bambini colgono con entusiasmo e io mi diverto molto a idearli!

La tua illustrazione preferita...

GIORGIA: Sono tante, ma cerco di indicarne solo due (almeno due, dai!). L’abbraccio della mamma che legittima le emozioni di Gino e lo fa sentire sempre accolto e amato anche nei suoi momenti no, e quando la mamma e Gino cercano la calma sotto il letto. Questo è uno dei calma-trucchi preferiti dai bambini!

ROMINA: Quella della mamma e Gino abbracciati. La figura della mamma è così potente in questo libro: un porto sicuro a cui far ritorno nei momenti di tempesta. 

E quando abbraccia così serenamente Gino, quello che provo è una sensazione inspiegabile di pace e serenità.

Il tuo momento preferito della storia...

GIORGIA: Quando la mamma parla con Gino e gli dice che piano piano imparerà a ritrovare la calma con più facilità. 

ROMINA: Non c’è un momento particolare che preferisco ma piuttosto quel senso di accoglienza che si respira durante tutta la storia. Giorgia ha fatto una grande magia!

La lettura può essere una valida alleata di genitori e bimbi...

GIORGIA: Nella nostra società le crisi emotive dei bambini sono viste con una lente distorta, quello che è un effettivo disagio viene etichettato come capriccio. E infatti a Gino è stato appioppato il nomignolo di capriccino. In realtà un bambino piccolo che perde il controllo vive un momento di grande malessere e il ruolo del genitore in questa situazione è importante e prezioso. Con l’aiuto di mamma e papà, il bambino arriva piano piano a regolare sempre meglio i suoi stati emotivi. In questo percorso un libro può essere un buon compagno di viaggio! 

ROMINA: Perché il libro nella sua semplicità, aiuta i più piccoli a riconoscere e gestire le proprie emozioni e offre così spunti utili per affrontare i “capricci” con pazienza e comprensione. Un’occasione per crescere insieme.

Consiglia questo libro ai genitori...

GIORGIA: Potete leggere questa storia con i vostri bambini già dai 18-24 mesi ovvero in quel periodo della crescita in cui si trovano per la prima volta a sperimentare emozioni forti, senso di impotenza e frustrazione. Il libro può essere utile anche con bambini più grandi che faticano a gestire la rabbia e hanno bisogno di aiuto per trovare modalità assertive di esprimerla. 

ROMINA: “Gino Capriccino e i calma-trucchi” è un alleato prezioso per genitori e bimbi che vogliono imparare insieme ad affrontare le emozioni (anche quelle più difficili) in piena serenità.



Giorgia Cozza nata a Como, è una mamma-giornalista che scrive saggi per genitori e fiabe per bambini. I suoi manuali (Bebè a costo zero, Benvenuto fratellino, I giochi più stimolanti e creativi e altri) sono diventati un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero. Con Il Ciliegio ha pubblicato Ruffo cambia casa, Un fratellino o una sorellina per Tommi, Avventura tra i ghiacci, Santamarta, Quando la mamma va al lavoro, Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale, Il pane alle noci di Lupone e Gino e il suo vasino.

Su giorgiacozza.blogspot.it sono presenti tutti i suoi titoli.


Romina Scarpanti vive a Pizzighettone (Cremona) dove illustra e scrive libri per bambini. In veste di autrice ha pubblicato Piccolo ghiro non ha sonno (Ouverture), Pietro e la valigia del nonno (Rusconi Libri) e con il Ciliegio: La balena Gluglù - una nuova amica, Zuccotto - Il re di Halloween, Fogliolino e Fogliolina, Zuccotto - La vera storia di Halloween, Non è Pasqua senza uova, Che rumore fa il Natale? e Zuccotto e il pentolone incantato. Per Il Ciliegio ha inoltre illustrato: Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale, Il pane alle noci di Lupone, Buonanotte sole e Gino e il suo vasino.


02/09/25

Gino e il suo vasino

 

Gino e il suo vasino: intervista a due voci

Gino è un bambino con i capelli ricci e un bel sorriso.

Fin da quando è piccino, Gino fa la pipì e la cacca nel pannolino.

Oggi, però, c'è una sorpresa.

La mamma e il papà gli hanno regalato... un vasino!

Inizia così l’avventura di Gino che impara a non usare più il pannolino, accogliendo con pazienza le pipì che finiscono nei calzoncini e facendo “il gioco delle cacche” per prendere confidenza con questa grande novità.

Un libro che accompagna bimbi e genitori in questo percorso con empatia, rispetto ed allegria.

L’autrice Giorgia Cozza e l’illustratrice Romina Scarpanti, ci parlano di questo volume illustrato dedicato a tutti i bambini e a tutti i genitori che stanno vivendo l’importante percorso dal pannolino al vasino (o al water).

Questo non è il primo libro con il piccolo Gino come protagonista. Come è stato tornare a raccontare (con testo e immagini) di lui e della sua famiglia?

GIORGIA: È stato molto bello! Un po’ come ritrovare un vecchio amico.

ROMINA: È stato un vero e proprio “Amarcord” :) Sono affezionata al piccolo Gino, anche perché è il protagonista di una delle primissime pubblicazioni realizzate insieme a Giorgia. È quindi senz’altro un pezzetto di cuore.

Qual è il momento giusto per leggere questo libro?

GIORGIA: Quando la famiglia sta per intraprendere il percorso dal pannolino al vasino è una lettura che può aiutare a prendere confidenza con la novità. Ma è un libro che può essere utile anche se questo percorso è già iniziato e il bimbo ha incontrato delle difficoltà. E infine, è una storia che può essere letta anche prima di proporre il vasino, per trasmettere il messaggio che un giorno il pannolino non sarà più necessario.

ROMINA: Azzarderei SEMPRE: per preparare il bimbo a questo importante passo, anche mesi prima dell’effettivo cambiamento e per suscitare in lui curiosità, favorendo un approccio più spensierato a questa importante tappa della crescita. Ma se dovessi scegliere la stagione più adeguata sarebbe senza dubbio l’estate (o almeno così mi dicono dalla regia).

Punti di forza di Gino e il suo vasino?

GIORGIA: Racconta il vasino come una bella avventura da affrontare con serenità.

ROMINA: Ho potuto testare quanto i piccoli lettori si immedesimino in Gino. Giorgia poi è straordinaria a raccontare con estrema precisione la quotidianità, in cui i piccoli lettori ci si rivedono alla perfezione. E perciò leggere le vicende di Gino, alle prese con l’abbandono del pannolino e l’arrivo del vasino, è di grande aiuto per i bambini che stanno affrontando la medesima sfida.

 

Tre aggettivi per descrivere questo libro.


GIORGIA: Allegro. Coloratissimo. Sereno.

ROMINA: Educativo, coinvolgente, rassicurante.

 Un aneddoto legato al testo/alle illustrazioni?

GIORGIA: Mi fa sempre sorridere quando ripenso alla pazienza con cui Romina ha accolto la mia richiesta di disegnare cacche di forme e misure diverse. Devi essere proprio un’illustratrice in gamba per riuscire a creare immagini allegre e divertenti in cui l’unica protagonista è la cacca!

ROMINA: Mi ha fatto sorridere dover disegnare diverse tipologie di cacche da cui i bambini sono  estremamente affascinati (con elogio annesso di Giorgia riguardo la mia “sbalorditiva” capacità nel riprodurre artisticamente la pupù xD).

La tua illustrazione preferita?

GIORGIA: Quella in cui la mamma e il papà leggono insieme a Gino. È una scena che racconta vicinanza e tenerezza e che offre un bell’esempio di lettura in famiglia.

ROMINA: Quella di mamma, papà e Gino, seduti sul letto, sotto le coperte, coinvolti nella lettura di un albo illustrato. È un momento davvero dolcissimo.

Il tuo momento preferito della storia?

GIORGIA: Quando il papà e Gino fanno il gioco delle cacche. Tanti bimbi non incontrano particolari difficoltà con la pipì ma si bloccano per la cacca. Bimbi che vogliono comunque farla nel pannolino o che la trattengono. In questo libro si parla di questo aspetto in modo allegro e giocoso, perché il gioco è spesso la chiave per superare le difficoltà.

ROMINA: Adoro il messaggio che è il cardine della storia: i genitori di Gino sostengono con pazienza e con tanti sorrisi il passaggio dal pannolino al vasino, incoraggiandolo e coinvolgendolo in tutte le significative fasi di questa novità.

La lettura può essere una valida alleata di genitori e bimbi...

GIORGIA: Sempre. Sempre, perché la lettura in famiglia “fa bene”. Fa bene al linguaggio, allo sviluppo cognitivo ed emotivo, alla relazione con mamma e papà. Ed è un’alleata preziosa quando ci si prepara ad affrontare (o si sta vivendo) una nuova tappa della crescita, un cambiamento, un periodo faticoso.

ROMINA: Sicuramente perché è in grado di creare una grande sintonia tra le due figure, in un momento magico di condivisione e poi perché nel libro stesso si possono scovare espedienti o  nuovi spunti con cui affrontare determinate tematiche, come lo spannolinamento in questo caso specifico.

Consiglia questo libro ai genitori

GIORGIA: Questa storia si può leggere ancor prima di iniziare il percorso verso il vasino, per raccontare al bambino che il pannolino non è per sempre, che ci sarà qualcos’altro, qualcosa di diverso ed entusiasmante. E si può leggere a percorso già iniziato per dare modo al bambino di immedesimarsi e sentirsi compreso e accolto. Le rassicurazioni dei genitori di Gino, che normalizzano i piccoli incidenti di percorso e le possibili fatiche, sono rassicuranti anche per il piccolo lettore.

ROMINA: Per affrontare questo momento chiave della primissima infanzia, una storia con disegni accattivanti e ricca di messaggi positivi può senz’altro aiutare i piccoli lettori.

Il testo semplice e identificativo può spronare il bambino ad avare un maggior entusiasmo nei confronti dello spannolinamento.

In questi anni il volume precedente, Gino capriccino e i calma-trucchi, è stato letto da tantissime famiglie. Tra i feedback ricevuti ne ricordi qualcuno in particolare?

GIORGIA: Ricordo con affetto tante famiglie che mi hanno scritto per raccontarmi che il libro di Gino è stato loro di aiuto. E in particolare una mamma che mi ha inviato anche la foto del suo bambino: ricci biondi, occhi grandi, un bellissimo sorriso… Giuro, era Gino in carne e ossa!

ROMINA: Sono talmente tanti (e positivi) che non riesco a ricordare nessuno nello specifico. Ma senz’altro nell’insieme mi rendono estremamente grata e orgogliosa di aver potuto contribuire alla nascita “grafica” di Gino.