04/08/25

Le castagne non fanno paura

 


“Compriamo una specie di gavetta a scomparti colorati che accoglierà uno yogurt magrissimo, piccoli semi proteici e le nostre castagne. Questo sarà il viatico…” Il racconto di un difficile percorso di vita: la voce narrante di una madre ripercorre la storia della malattia della figlia, attraverso le annotazioni della propria agenda, dai primi segni ancora difficili da identificare, fino all’anoressia conclamata. Ma, dopo tanto dolore, inizia il lento percorso per cercare una via d’uscita.

Ecco cosa ci ha raccontato l’autrice Bea Harrison sul suo romanzo:

"Prima di leggere il sottotitolo: “Diario minimo di un’anoressia mentale”, potrebbe  venire il dubbio che si tratti di un racconto di fantasia, una storia di gnomi e di fate dei boschi, di fiori e di frutti dai poteri magici: non è proprio così, anche se nella storia di B. qualcosa di magico in effetti c’è. 

All’inizio della storia, B. è una bambina tranquilla, come tante, e anche per questo la sua mamma si sente molto fortunata. Poi, proprio come in certe favole, succede qualcosa: niente d’improvviso o di precisamente identificabile, piuttosto qualcosa di vago e di impalpabile, che piano piano avanza strisciando, fino a intrappolare B., lasciando la sua mamma con la terribile sensazione che un mostro le stia portando via la sua bambina. 

La storia racconta della lotta di B. per non soccombere, per sfuggire a tutti i mostri che le fanno paura. La sua mamma sarà sempre con lei, ma sarà B. che dovrà combattere la guerra, nessuno potrà farlo per lei. 

E ora direte: «Cosa c’entrano le castagne? E perché mai non fanno paura? O meglio, come avrebbero mai potuto fare paura le castagne?»  Leggendo il libro lo scoprirete, per ora basterà dire che una piccola parte della magia è proprio nelle castagne: e, no, non servono per preparare una pozione fatata, non hanno neppure superpoteri, ma ugualmente aiuteranno B. a combattere la sua guerra.

La storia è raccontata in prima persona dalla mamma B., che, del resto, non poteva fare molto altro. Avrebbe tanto voluto combatterla lei quella guerra, o almeno partecipare, assestare qualche bel colpo sulla testa dei mostri, ma non funziona così. E allora osservava, leggeva e scriveva, la mamma di B., a volte anche per tutta la notte, perché era molto difficile dormire quando sapeva che la sua bambina stava lottando come un soldato al fronte.  

A chi è rivolto questo librino? Innanzitutto bisogna dire che è dedicato a chi combatte la stessa guerra di B.: forse non lo leggeranno, ma le dediche non servono necessariamente a questo, le dediche non chiedono niente in cambio. 

Quando la mamma di B. ha pensato di pubblicare i suoi scritti, aveva bene in mente quelle storie di altri ragazzi combattenti e di altri genitori disperati che lei leggeva nelle sue lunghe notti insonni: le facevano un pochino di compagnia, l’aiutavano a capire che non era sola. Ecco, se questo librino darà a un solo genitore la sensazione di non essere completamente solo nella sua pena, avrà assolto la sua missione. 

E poi ci sono gli altri, quelli che osservano distrattamente, che incrociano i giovani che – come B. – stanno combattendo con tutte le loro forze, e non capiscono, giudicano e sentenziano, oppure maldestramente calpestano, feriscono senza averne l’intenzione, per semplice ignoranza. Ci sono ancora patologie che non sono correttamente comprese, a volte sottovalutate, altre volte oggetto di pregiudizi: un piccolo libro che ne parla è un minuscolo contributo ad accendere una luce necessaria.

Bea Harrison è l’autrice del libro: nella vita non si chiama esattamente così, ma è sempre lei, la mamma di B., che è poi la cosa più importante della sua vita; di mestiere ha fatto da sempre l’insegnante, e questo è vero. E poi scrive: scrive quando è contenta e scrive quando è triste: nel primo caso, la scrittura le fa l’effetto di quello spumante che non riesce a bere, nel secondo è come una medicina potente che allevia il dolore. Un’altra cosa importante da dire della mamma di B. è che le radici della sua famiglia sono sui monti, tra le balze di quell’Appennino dove un tempo proprio di castagne si viveva. 

Un’ultima parola dobbiamo dirla sulla copertina del libro: Albertina Neri – e almeno questo è un nome vero – il libro l’ha letto per davvero, e l’ha letto così bene che nella dolce poesia del suo disegno di copertina ha collocato la figura di una ragazzina sorprendentemente somigliante a B. - a quella vera -, senza averla mai vista!


Bea Harrison è un'insegnante. Questa storia ha iniziato a scriverla per sé e per sua figlia, per curare il dolore, per ricordare e per far decantare; poi ha deciso di pubblicarla pensando soprattutto alle madri di altre persone malate: quando lei non poteva dormire per l’angoscia, per sentirsi meno sola, passava spesso la notte leggendo storie di dolori altrui, storie di figlie come la sua.


31/07/25

Come l'Oceano

 

Mia non vuole rassegnarsi alle prospettive di una vita monotona. Decisa a inseguire i suoi sogni interrompe il fidanzamento e dall’Italia parte per New York City. Nella città che non dorme mai, Mia viene travolta da un nuovo ritmo di vita tra i turni di lavoro al diner, le uscite con le amiche, le corse in metropolitana, il surf e le notti folli ad aspettare l’alba sullo skyline dei grattacieli. Finché non viene aggredita da una gang e incontra Damon, affascinante ma legato alla criminalità. Fra loro si crea un forte legame sentimentale che li porta a correre gravi pericoli.

Ora entriamo nel cuore del libro attraverso le parole di chi l'ha scritto, Marta Bonacci:

"Come l’oceano nasce da un bisogno: quello di evasione che, diciamocelo, attraversa un po’ tutti nei vent’anni d'età. Nel mio caso, l’evasione è diventata qualcosa di molto concreto: a venticinque anni ho impacchettato la mia vita in una valigia (ok, erano tre) e ho lasciato la mia piccola città italiana per la Grande Mela.

Quello che la protagonista, Mia, vive è inevitabilmente anche un po’ mio. Non tutto, ovviamente -  almeno è quello che continuo a raccontare ai miei genitori.

Come l’oceano è la storia di chi, come me, sceglie di lasciare la propria casa per trovarne un’altra, senza mai smettere di appartenere alla prima. Ho voluto far vivere a Mia quella sensazione sottile e potente di non rientrare più in una sola definizione: quando ti trasferisci, finisci per non sentirti più davvero a casa nello stesso posto, ma anche per scoprire un senso di appartenenza un po’ ovunque.

E poi c’è l’oceano. Sempre lì, anche quando non lo nomini. Per me è stato un filo conduttore, un approdo sicuro, un modo per respirare quando il resto mi stava stretto. Il surf è sempre stato, e lo è ancora, la mia piccola salvezza.

Forse è per questo che, nel romanzo, l’oceano non è solo uno sfondo: è un personaggio silenzioso, ma fondamentale. E forse ho scritto questa storia proprio perché, come le onde, anche noi abbiamo bisogno di infrangerci per tornare a essere interi.

Scrivere questa storia mi ha fatta sentire viva e, quello che spero possa arrivare ai lettori, è un messaggio semplice: che a volte vale la pena rischiare. Cambiare un lavoro che ci sta stretto? Vale la pena. Perdersi? Pure. Interrompere un fidanzamento, mollare tutto e trasferirsi oltreoceano? Assolutamente sì.

Ma non volevo che fosse solo una storia d’amore. Come l’oceano è anche un faro acceso sui quartieri popolari di New York, su quanto sia difficile per chi ci vive immaginare un futuro che non sia già stato scritto per loro. L’idea di inserire la criminalità nella trama -  quella che all’inizio sembra solo una parentesi nella storia di una ragazza che rincorre il sogno americano - nasce da un’esperienza personale.

Ero una stagista, quindi pagata giusto quanto bastava per un panino e una metrocard. Chelsea o Tribeca? Neanche nei sogni. Ho trovato una stanza in un quartiere popolare a nord del Queens. Alla firma del contratto ero ingenuamente inconsapevole di ciò che mi aspettava.

Una delle prime sere lì, due ragazzini - forse neanche maggiorenni - mi si sono avvicinati con la scusa di chiedere l’ora e mi hanno sfilato la borsa. Dentro c’era tutto: portafoglio, chiavi, telefono, passaporto. Già, quello lo portavo sempre con me perché, con la mia carta d’identità cartacea italiana, i buttafuori dei locali si facevano solo delle gran risate.

Nonostante questa disavventura, quel quartiere mi ha lasciato molto. Mi ha insegnato a vedere la forza e la dignità in una comunità spesso raccontata solo attraverso le sue ombre, ma che ha dentro di sé molto di più.

Il personaggio di Damon nasce per loro: per raccontare che, a volte, amare la vita abbastanza significa trovare il coraggio di immaginarsene una diversa - e di andarsela a prendere.



Marta Bonacci, nata nel 1991 a Reggio Emilia, risiede a Genova. Appassionata di scrittura, viaggi e lingue, è laureata in Lingue e Culture Europee all’Università di Modena, ha ottenuto un Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali all’Università IULM di Milano. Ha lavorato a New York all’ufficio stampa italiano dell’ONU e attualmente lavora come social media manager.



30/07/25

Scandalosa Joséphine

 

Articolo a cura di Massimo Gregori Grgič, autore del libro

Ci sono libri che si scrivono da soli, come se uno spirito guida li ispirasse o quasi li dettasse. Il mio romanzo “Omicidio in cattedrale”, pubblicato da Il Ciliegio, è un esempio. Una notte ho sognato questo libro. Ho immaginato tutto: la trama, la stesura, i personaggi principali e quelli secondari… al mattino ho iniziato a scriverlo. Quale dei personaggi, storicamente esistiti, è venuto nottetempo a visitare le mie due sinapsi? Voto per Simonetta Cattaneo Vespucci oppure per Giuliano De Medici. 

Un avvenimento quasi analogo ha ispirato la scrittura di “Scandalosa Joséphine”: durante un viaggio in compagnia di vecchi amici visitai la Malmaison, vicino a Parigi, ultima dimora di Marie Josèphe Rose Tascher de la Pagerie, e mi attardai rispetto alla compagnia dei miei chiassosi sodali restando da solo a girellare per sale e saloni nel profumo antico di cera al piretro, preda di una strana emozione. 

C’era una luce particolare, una vibrazione sottile ed è stato allora che, con mia grande sorpresa, l’imperatrice, conosciuta alla storia come Joséphine Buonaparte, mi parlò chiedendomi nella lingua universale degli spiriti che sussurra come la brezza di mare, di raccontare la sua storia. La sua voce era nell’aria, proveniva da ogni angolo delle stanze deserte, era dolce e sensuale e si confondeva con gli scricchiolii dei mobili antichi. 

E mentre annuivo sorpreso mi chiese di narrare la sua vita e di attenermi, per quanto possibile, ai fatti, di non giudicarla troppo severamente, di ristabilire la giusta dimensione di Napoleone. Poi le sue parole si spensero allontanandosi mentre il mio gruppo di disperati mi richiamava all’ordine a gran voce, visto che avevo io le chiavi del pulmino con il quale eravamo in viaggio. Da questa ispirazione è nato questo romanzo storico che descrive la protagonista qualche volta a tinte fosche: ma la storia, sfrondata della retorica che accompagna necessariamente la figura dell’imperatrice di Francia, racconta di una donna particolarmente dissoluta, amorale, avida, viziosa, esibizionista, narcisista e portata alla promiscuità ma a un tempo ingenua, fragile e generosa. 

Le parti del romanzo dedicate al periodo rivoluzionario sono indubbiamente crude ma sono comunque edulcorate rispetto alla realtà della carneficina, di quella vera e propria bassa macelleria che fu la rivoluzione francese, madre dell’attuale repubblica d’oltralpe. Joséphine, vedova di Alexandre Beauharnais, sposò Napoleone Buonaparte diventando imperatrice di Francia. La figura di Napoleone è raccontata senza i fronzoli dell’ufficialità, senza le fanfare, senza le comode omissioni, le iperboli e le valutazioni partigiane che troppo spesso nella storia trasformano un despota sanguinario in un eroe, in un padre della patria la cui memoria è virtualmente intoccabile. 

Il romanzo contiene alcuni riferimenti alla storia locale: Eugenio Beauharnais, nominato da Napoleone viceré d’Italia, elesse la sua residenza nella Villa Reale di Monza e fu con la corona ferrea, conservata nel duomo di Monza, che Buonaparte si autoproclamò imperatore dicendo la famosa frase “Dio me l’ha data…”.





Massimo Gregori Grgič
vive in Brianza. Già autore per Il Ciliegio di Omicidio in cattedrale; Il mio nome è Seneca; Avviso di pericolo; Soluzione di Giustizia; Il mio nome è Leonardo; Il mio nome è Bianca. Scandalosa Joséphine è il suo sedicesimo romanzo.




29/07/25

Mia sorella fantasma

 

Ardente, dai colori intensi, vivace, da tutti benvenuta e sempre attesa: è arrivata l’estate! 

Quella del 2025 porta con sé una piacevole novità, un romanzo da leggere in spiaggia, sotto l’ombrellone, o in montagna nelle pause tra mille escursioni, al lago così come a casa propria, insomma ovunque vi troviate: “Mia sorella fantasma” di Silvia Venturi.  

Avrei dovuto intervistare l’autrice, ma come scritto nella sua biografia, vive tra l’Appennino tosco emiliano e Reggio Emilia e, al mio arrivo, doveva trovarsi per forza a metà tra questi due luoghi perché non sono riuscita proprio ad incontrarla. 

L’estate si sa, oltre a “Mia sorella fantasma”, porta con sé ferie, vacanze, tempo libero e, infatti,  mi è stato detto che più di una persona abbia intravisto l’autrice aggirarsi per strada con una moltitudine di valigie.  


Nonostante l’intoppo iniziale, però, sono riuscita ad intervistare, in esclusiva per il Blog de Il Ciliegio, nientemeno che i due protagonisti del romanzo di Silvia Venturi: Giulio e Margherita.

RAGAZZI, DITEMI: COME VI SIETE TROVATI A VIVERE UNA STORIA COSI’ COMPLESSA, MA ALLO STESSO TEMPO DIVERTENTE E SCANZONATA?

M: “Io benissimo! Molto di più di mio fratello che ha poltrito per la maggior parte del tempo. Se fosse stato per lui, non si arrivava mica a srotolare l’intera matassa di una così intricata vicenda.

GIULIO, COSA RISPONDI A TUA SORELLA?

G: “Cosa vuole che risponda, ci vuole un’immensa pazienza a sopportare quella lì…”

MA, ALLA FINE DEL ROMANZO, NON AVEVATE RECUPERATO IL VOSTRO RAPPORTO, SMESSO DI PUNZECCHIARVI A VICENDA E CAPITO L’IMPORTANZA DEL SENTIMENTO DI FRATELLANZA CHE VI UNISCE?

G: Certamente, ma questo non toglie il fatto che, per fare tutto ciò, sia necessaria un’immensa pazienza!

PERCHÉ LA LIGURIA? PERCHÉ LA SCELTA DI CAMOGLI E SAN FRUTTUOSO COME LOCATION DELLA STORIA?

M: Innanzitutto, perché mio zio abita lì ed era l’unico disponibile a prendersi cura di noi durante l’estate e poi credo perché Silvia, l’autrice, si sia innamorata di entrambi i luoghi durante una sua personale vacanza.

A PROPOSITO DELL’AUTRICE, COM’È AVVENUTO IL VOSTRO PRIMO INCONTRO?

G: In effetti, non è semplice incontrarla per via del fatto che abiti tra l’Appennino Tosco Emiliano e Reggio Emilia e per lo più la trovi a girovagare tra questi due luoghi con la valigia o senza... dipende. In ogni caso è stato durante un’estate di qualche anno fa, se non ricordo male, Silvia era in vacanza a Santa Margherita Ligure, è stato allora che l’abbiamo incontrata a una sagra a Camogli, sai durante la competizione di torte, noi gareggiavamo con la torta a forma di pianoforte, lei è stata eliminata subito era quella del ciambellone bruciacchiato...”

CAPISCO, COME RACCONTA NEL LIBRO...  ALLORA NELLO SCRIVERE IL ROMANZO SILVIA SI È ISPIRATA ANCHE ALLA SUA VITA PERSONALE.

M: “Beh’ chi la conosce bene sa che Silvia possiede moooooolta fantasia... Credo che mischi spesso le carte in tavola e quindi, alla fine, sia difficile separare la realtà vera dalla fantasia. Nel suo caso parlerei di fantasiosa realtà...”


DURANTE QUESTA ESPERIENZA COSA AVETE VOLUTO TRASMETTERE ESATTAMENTE? A COSA VORRESTE IL PUBBLICO PENSASSE DOPO AVER LETTO “MIA SORELLA FANTASMA”?

G: “Questa è una domanda da adulto quindi risponderò io... senza dubbio, come dice sempre mio zio Guido, ci sono due modi per affrontare la vita: o con tenacia, o con leggerezza. E, nel romanzo, si presentano sia l’uno che l’altro caso: il sottoscritto che sceglie la tenacia per superare i problemi di ogni giorno e quella lì che opta invece per la leggerezza.”

M: “E chi lo dice scusa, dove sta scritto fratello caro? Semmai io con tenacia e tu con leggerezza...”

VA BENE, RAGAZZI, BASTA COSÌ. SARÀ MEGLIO CONCLUDERE DICENDO: 

TENACIA E LEGGEREZZA IN PARTI UGUALI PER TUTTI! RINGRAZIAMO GIULIO E MARGHERITA PER QUESTA SPIRITOSA INTERVISTA.


Silvia Venturi

Silvia Venturi, laureata in Lettere Moderne e giornalista pubblicista, ha avuto quasi sempre la fortuna di lavorare circondata dai libri. È stata libraia, giornalista, critica teatrale, aiuto bibliotecaria, guida museale, organizzatrice di progetti artistici e musicali, docente di lingue straniere, copywriter… Del 2015 la sua prima raccolta di racconti Giorni da Favola. Attualmente vive tra Reggio Emilia e l’Appennino Emiliano.


 


16/07/25

Quando la mamma va al lavoro

 

Intervista a due voci a cura di Giorgia Cozza, autrice del libro, e Cinzia Praticelli che ha illustrato il testo.

Dopo la nascita mamma e bambino trascorrono insieme un periodo che li vede in simbiosi, praticamente sempre insieme, giorno e notte.

Il rientro al lavoro della mamma e/o l’ingresso al nido o alla scuola dell’infanzia del bambino, segna per la diade mamma-bimbo la prima separazione.

Quando la mamma va al lavoro nasce per accompagnare i bambini nell'esperienza non facile del distacco, quando il bimbo deve pian piano imparare che la mamma va via, ma poi ritorna, e che anche mentre non c'è, lo pensa e gli vuole bene. Ma nasce anche per regalare conforto alle mamme che si preparano a vivere questa nuova fase della vita e devono abituarsi a trascorrere parte della giornata lontane dalla loro piccola creatura.

I protagonisti di questa storia hanno trovato una strategia molto semplice eppure efficace per sentirsi vicini anche quando sono lontani.

L’autrice Giorgia Cozza e l’illustratrice Cinzia Praticelli, ci parlano di questo volume illustrato dedicato a tutti i bambini e a tutte le mamme che stanno vivendo o si preparano a vivere la prima separazione.

Chi sono i destinatari di questa storia?

GIORGIA: Le bambine e i bambini che si preparano a separarsi dalla mamma per la prima volta, perché lei tornerà al lavoro o perché loro inizieranno il nido o la scuola dell’infanzia. Ma anche i bambini che dalla mamma si sono già separati, ma che continuano a vivere con fatica il momento del distacco e sentono tanta nostalgia. E poi le mamme, tutte le mamme. Le emozioni in gioco quando ci si allontana dal proprio bimbo sono intense, c’è bisogno di un po’ di empatia e di comprensione!

CINZIA: I destinatari di questa dolcissima storia, a mio avviso, oltre ai bimbi, sono soprattutto le mamme.

Io stessa ho preso spunto dalla storia di Giorgia per aiutare me e il mio bambino in un momento così delicato come quello della separazione. Ho sostituito i nastrini della favola con due dadi colorati (uno lo tenevo io, l'altro il mio bambino) e mi sono inventata anche un giochino (noi in casa amiamo i giochi in scatola). Posso solo ringraziare Giorgia, già lo feci a suo tempo ma ne approfitto per farlo tuttora!

Punti di forza del libro?

GIORGIA: Racconta con serenità l’esperienza della separazione. Suggerisce una modalità pratica per prepararsi e per gestire il distacco. Trasmette il messaggio (fondamentale) che la mamma va e poi la mamma torna.

CINZIA: Il libro è semplice, chiaro e diretto. Il messaggio arriva immediatamente ed è pieno di DOLCEZZA, quella dolcezza che spesso manca alle mamme, nel senso che ne danno sempre tanta e ne ricevono poca soprattutto dalla gente che hanno intorno.

Un aneddoto legato al testo/alle illustrazioni?

GIORGIA: Quando Cinzia ha disegnato i primi bozzetti delle illustrazioni ricordo che mi aveva scritto che per il piccolo protagonista si era ispirata al suo bambino: mi aveva fatto tanta tenerezza. Un retroscena legato al testo, il fatto che negli anni tante mamme mi hanno scritto per raccontarmi le loro emozioni mentre pensavano al rientro al lavoro. Questo libro è dedicato a loro.

CINZIA: Ho inserito un coniglio che non c'entra nulla con la storia, ma con il permesso anche di Giorgia, ha accompagnato Chicco, il protagonista del racconto, durante tutto il suo viaggio. Ho cercato di creare un racconto dentro il racconto, qualcosa di non scritto ma che potesse far interessare ugualmente i bambini che di solito apprezzano gli animali.

Per le illustrazioni poi mi sono spudoratamente ispirata al mio bambino e alla sua fisiognomica: gli occhioni grandi grandi, che all'epoca sembravano un grigio blu, come quelli di mio padre ma che hanno virato poi a un verde marcio come i miei, o come dico io "verde brenta" (il Brenta è il fiume che vicino a casa mia).

La tua illustrazione preferita?

GIORGIA: L’abbraccio. Quando la mamma torna a casa e mamma e bimbo si abbracciano.

CINZIA: Ho un debole per la tavola dove c'è l'abbraccio di Chicco con la sua mamma.

A sinistra ho disegnato la mamma in auto (la mia vecchia Seicento) che corre per arrivare a casa in fretta e stringerlo a sé. A destra, FINALMENTE, l'abbraccio grande grande e spero con questo abbraccio di essere arrivata a toccare tutte le mamme.

Il tuo momento preferito della storia?

GIORGIA: Quando la mamma e il bambino preparano i nastrini. È un momento importante della storia, ed è un suggerimento che può aiutare tanto i bambini a prepararsi alla separazione. Per loro è tutto vero: nel nastrino ci sono davvero i baci della mamma e le loro parole d’amore. E l’idea di poter tenere con sé “un po’ di mamma” è di grande conforto.

CINZIA: Indubbiamente coincide con la tavola preferita, ossia… quando la mamma torna a casa per riabbracciare il suo bambino!

 La lettura può essere una valida alleata di genitori e bimbi...

GIORGIA: Sempre. Nella vita quotidiana perché leggere con i bambini garantisce loro importantissimi benefici a livello cognitivo, linguistico, emotivo e relazionale, e quando ci si trova ad affrontare delle tappe della crescita o dei cambiamenti, come può essere appunto l’ingresso al nido o alla scuola dell’infanzia o il ritorno al lavoro della mamma.

CINZIA: Altroché! Una validissima alleata e può dare molti spunti, molte idee su come affrontare un momento così delicato. È un libro che può essere letto, come un rito, tutte le sere, o proprio quando la mamma ritorna a casa finalmente.… e lo stesso libro può poi essere lasciato al proprio bimbo.

Si può spruzzare anche il libro con il profumo della mamma, si possono lasciare dei cuoricini di carta all'interno delle pagine e anche i nastrini... poi ogni mattina si può aprire, si possono prendere i nastrini, annusare le pagine, abbracciarsi , legarsi i nastrini e salutarsi.

Questo libro mi ha aiutata molto!

A chi consiglieresti questo libro?

GIORGIA: A tutte le famiglie che si preparano a vivere l’esperienza della separazione: nella storia non si specifica se il bimbo andrà al nido/scuola dell’infanzia o se resterà a casa con i nonni o con una baby sitter. In questo modo ogni mamma può adattare la storia alla sua realtà. E lo segnalo alle famiglie dove magari anche dopo anni (perché il bimbo ha 4, 5 o 6 anni) la separazione è vissuta con fatica. Il libro è stato letto anche per prepararsi a trasferte di qualche giorno o all’assenza della mamma per via di un ricovero ospedaliero (in questo caso, parlando di ospedale anziché di lavoro).

CINZIA: A tutte le mamme che come me hanno fatto un po' fatica a separarsi dal proprio cucciolo, e a quei cuccioli particolarmente attaccati alle loro mamme. Io lo sono stata… Sono stata una cucciola disperatamente attaccata alla sua mamma e purtroppo anche una mamma ahimè abbastanza ansiosa.

In questi anni Quando la mamma va al lavoro è stato letto da tantissime famiglie. Tra i feedback ricevuti ne ricordi qualcuno in particolare?

GIORGIA: Sì, quello delle mamme che mi hanno raccontato di aver letto il libro ai loro bimbi piccolissimi, bimbi di tre o quattro mesi che non capiscono ancora le parole ma amano ascoltare la mamma, la sua voce rassicurante e colma di affetto. In questi casi la lettura è una carezza, un “ti capisco” per le mamme. E quando una mamma mi scrive: “Mi ha fatto sentire un po’ meglio”… ecco, questo è il senso del mio lavoro.

CINZIA: Sono stati molti i complimenti ricevuti (parlo per le illustrazioni ma ugualmente tanti complimenti anche per il testo), in particolare, gli amici che conoscono il mio bimbo hanno subito colto la somiglianza!

Giorgia Cozza, nata a Como, è una mamma-giornalista che scrive saggi per genitori e fiabe per bambini. I suoi manuali (Bebè a costo zero, Benvenuto fratellino, I giochi più stimolanti e creativi e altri) sono diventati un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero. Con Il Ciliegio ha pubblicato Ruffo cambia casa, Un fratellino o una sorellina per Tommi, Avventura tra i ghiacci, Santamarta, Quando la mamma va al lavoro, Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale e Il pane alle noci di Lupone.

Su giorgiacozza.blogspot.it sono presenti tutti i suoi titoli.

Cinzia Praticelli diplomata all’Accademia di belle Arti di Venezia. È stata guida didattica per la Fondazione Peggy Guggenheim e tiene corsi di pittura e disegno. Per Edizioni il Ciliegio ha illustrato diversi testi tra cui: I Tre Pasticcioni, La mia Supernonna, Aròmia e le saponette magiche e Ohibò! Prima o poi ce la farò, Segnale, via libera! Di Batti le mani e gioca con me è anche autrice. Ha ideato e disegnato per CreativaMente il gioco di carte Poop Poop.

 


04/07/25

SANTAMARTA Ritorno nella Terra di Altrove

 

Terra di Altrove, anno 1251. Sono trascorsi quindici giri di stagione da quando Thias, Nico e i loro cugini hanno fatto ritorno alle loro case dopo aver sconfitto Morion, il druido rinnegato, noto ai Popoli come il Maligno. I fratelli sono diventati adulti e ognuno ha trovato la sua strada. Nelle Terre Morte, però, qualcosa si muove. I Cavalieri del Drago hanno ricominciato a combattere e morire affrontando gli attacchi sempre più frequenti degli orchi, e gli elfi di Santamarta temono che la torre di Morion sia nuovamente abitata. Ma se il male si è svegliato, a chi si potrà chiedere di partire, di nuovo?

Nel frattempo, dal nord al sud imperversa lo scontento: il popolo è stanco di povertà e soprusi e un movimento di ribelli trama nell’ombra per rovesciare il potere del governatore. Tra i candidati al trono, però, c’è GiuLia, che con l’aiuto di AnnaRo sta tentando di costruire una società più giusta. 

Una nuova storia emozionante che tra colpi di scena, grandi amori, inganni ed eroismo, ci riporterà lungo i sentieri della Terra di Altrove.

 L’autrice Giorgia Cozza ci presenta questo libro che è il sequel della dilogia fantasy composta dai volumi Santamarta Gli eredi della Terra di Altrove e Santamarta Battaglia per la Terra di Altrove.

Cominciamo con una domanda. Perché un sequel? Come ti è venuta questa idea?

 Quando ho concluso la stesura della dilogia, i personaggi e i luoghi della storia mi sono rimasti nel cuore. Dopo averli seguiti nella Terra di Altrove e averli visti lottare per quello in cui credevano, dopo aver conosciuto la loro sofferenza, le loro paure e il loro coraggio, non potevo non chiedermi cosa sarebbe successo dopo…

Un piccolo accenno al “dopo” lo troviamo nella lettera scritta da Thias, che è una sorta di epilogo che chiude il volume Santamarta Battaglia per la Terra di Altrove, in cui viene narrato cosa è successo nei dodici mesi successivi al momento in cui lui e Nico sono tornati a casa.

Ma quando la porta sul mondo delle storie si è aperta di nuovo e ho avuto l’opportunità di tornare nella Terra di Altrove, ho potuto reincontrare i protagonisti ormai cresciuti, ho scoperto cosa era successo a chi aveva sacrificato tanto di sé nel corso della storia, e ho conosciuto alcuni nuovi personaggi il cui cammino si è intrecciato con quello di Thias, Nico, Teo, Fra, Angi e tutti gli altri.

Una minaccia alla pace costruita a caro prezzo nella dilogia, il vuoto lasciato da chi non c’è più, un amore travolgente e alcune faccende in sospeso, tra cui un cuore pieno di rabbia e qualcuno che desidera impegnarsi in prima persona per migliorare la società del tempo, chiedevano di essere raccontate.

Perché quando il passato torna a bussare, si ridisegna anche il futuro.

Sono stata felice di tornare nella Terra di Altrove e sono stata felice di scrivere quello che sapevo su tutti i protagonisti. Ci sono delle scene nella parte finale di questo nuovo libro che mi hanno fatto piangere davvero tanto.

Ma questa era la storia e così doveva essere raccontata.

Giorgia Cozza, nata a Como, è una mamma-giornalista che scrive saggi per genitori e fiabe per bambini. I suoi manuali (Bebè a costo zero, Benvenuto fratellino, I giochi più stimolanti e creativi e altri) sono diventati un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero. Con Il Ciliegio ha pubblicato Ruffo cambia casa, Un fratellino o una sorellina per Tommi, Avventura tra i ghiacci, Santamarta, Quando la mamma va al lavoro, Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale e Il pane alle noci di Lupone.

Su giorgiacozza.blogspot.it sono presenti tutti i suoi titoli.


 


01/07/25

L'uomo nero a colori

L’uomo nero a colori: intervista a due voci

Giorgia Cozza, autrice del libro

Romina Scarpanti, illustratrice del libro


C’era una volta un bambino che si chiamava Luca e aveva tanta paura del buio. O meglio, non era esattamente il buio a fargli paura, era l’uomo nero. La mamma e il papà pensavano che l’uomo nero non esistesse, che fosse solo un’invenzione, ma lui aveva paura lo stesso.

Finché una sera dall'armadio di Luca salta fuori un uomo nero!

L'uomo nero, però, è un omino nero, che ha paura del buio e ama tanto i colori. Luca e l'omino nero diventano amici e ogni sera il bambino legge una fiaba per lui. E storia dopo storia, grazie alla magia dei libri, succede qualcosa di molto speciale...

L’autrice Giorgia Cozza e l’illustratrice Romina Scarpanti, ci parlano di questa storia di amicizia che, nasconde più fiabe nella fiaba, e ci sorprende con un finale inaspettato.

Questa storia ha come protagonista l’uomo nero. Dobbiamo avere paura?

GIORGIA: Certo! L’uomo nero fa una gran paura! Buio e uomo nero… aiuto! No, dai sto scherzando :) Il piccolo protagonista, però, all’inizio ha paura eccome. Ma quando l’uomo nero fa la sua comparsa e tutti scopriamo che è ancora più spaventato di Luca, ecco che la paura passa e si entra subito in empatia con questa creatura che ama tanto i colori.

ROMINA:  Ovvio che no! Si tratta di un testo simpaticissimo a misura di bambino. Il piccolo lettore riuscirà a immedesimarsi totalmente nel giovane protagonista Luca ma anche… nell’omino nero stesso! Sì perché pagina dopo pagina farà il tifo per lui e, chissà, magari sconfiggerà insieme a lui alcune sue paure o comunque riuscirà ad affrontarle con il giusto spirito!

Punti di forza del libro?

GIORGIA: L’amicizia che supera le paure e i pregiudizi e l’amore per la lettura.

ROMINA: Questa storia è certamente in grado di aiutare i giovani lettori ad affrontare quelle che sono le paure irrazionali (ma comunissime e normalissime nei bimbi), come quella del buio e dei “mostri”.

Messaggi tra le righe?

GIORGIA: Non lasciamoci condizionare da paure e stereotipi. Diamo all’altro un’occasione di farsi conoscere. Diverso non è brutto, al contrario… siamo tutti diversi, unici e speciali e questo rende il mondo più ricco e allegro. L’altro messaggio riguarda il potere delle storie. Le storie possono aiutarci a superare le paure e a capire meglio noi stessi e gli altri.

ROMINA: L’andare oltre le apparenze: Luca, sulle prime, ha paura dell’omino nero, ma quando scopre che li accomuna la paura del buio nasce subito una grande amicizia che si rinforza, sera dopo sera, grazie anche alla magia dei libri. E questo è il secondo messaggio che adoro… la passione per la lettura è in grado di costruire ponti, abbattere muri e creare legami unici.

Un aneddoto legato al testo/alle illustrazioni?

GIORGIA: Ho amato le storie nella storia. L’intrecciarsi delle narrazioni. Colgo l’occasione per segnalarvi un dettaglio grafico pensato con Romina che mi piace tanto: i titoli dei singoli capitoli che cambiano colore seguendo le vicende narrate.

ROMINA: Ho amato disegnare… l’uomo nero! Quello che ho realizzato fa davvero tanta tenerezza e ho cercato anche di renderlo graficamente buffo. Non nascondo di aver realizzato un po’ di bozze per arrivare all’Omino Nero “perfetto”. Ma il risultato mi soddisfa molto! :)

La tua illustrazione preferita?

GIORGIA: Luca che legge ad alta voce per l’omino nero!

ROMINA: Quella del capitolo due, cioè la scena che ritrae Luca nel suo letto intento a leggere una storia ad alta voce e l’omino nero assorto nell’ascolto, sdraiato sul tappeto. Trovo che sia un momento dolcissimo e di grande sintonia tra i due protagonisti.

Il tuo momento preferito della storia?

GIORGIA: Non ho una scena specifica, ma mi piacciono quei momenti in cui terminata la lettura della storia Luca nota un nuovo colore nell’omino nero.

ROMINA: Il finale, che è davvero emozionante. (ALLERTA SPOILER) Ovvero quando L’omino nero realizza il suo più grande sogno e diventa… a colori!

Pomodorato, Rosellina, Riccetto, Pastello… c’è un personaggio che ami di più?

GIORGIA: Riccetta che si da dà fare per aiutare Riccetto a realizzare il sogno di una copertina che lo tenga al caldo e la talpa che aiuta Pastello a tornare a casa.

ROMINA:  Sono due: Rosellina e la cicala. Impegnati a duettare al cospetto della luna sotto una volta stellata… Li trovo due personaggi davvero unici e poetici.

Consiglia questo libro a un genitore/un insegnante

GIORGIA: È una storia che nella sua semplicità offre diversi spunti di riflessione. Se un bimbo sta affrontando qualche paura particolare (del buio o dei mostri) potrà immedesimarsi nel protagonista e sorprendersi nello scoprire che anche l’omino nero ha paura. Accogliere e legittimare la paura è il primo passo per arrivare pian piano a superarla.

Letta in classe può essere il punto di partenza per confrontarsi a proposito di paure, diversità e inclusione.

Lo consiglierei anche perché è un libro che incoraggia i bambini ad avvicinarsi al magico mondo della lettura.

ROMINA: Può essere un testo “scolastico” prezioso sia per insegnanti che genitori perché utile ad affrontare tematiche come la “paura” e la conseguente gestione delle emozioni. Il libro può diventare occasione per un’educazione empatica ma anche al rispetto di ciò che è diverso, e di tutte le riflessioni che ne derivano.

Inoltre il testo è semplice e scorrevole e può essere adottato come lettura in autonomia o come lettura “accompagnata” da un genitore (per i più piccoli), un capitolo a sera, magari prima della nanna.

Consiglia questo libro ai bambini.

GIORGIA: Venite a conoscere Rosellina che voleva cantare per la luna, Riccetto che desiderava tanto una copertina calda, Pomodorato che sognava di vedere il mare! E pagina dopo pagina, scoprirete come si trasforma l’omino nero a colori. Resterete sorpresi!

ROMINA: Immergendosi in un’atmosfera magica e serena, i bimbi non sapranno resistere alla dolcezza e alla simpatia dell’omino nero. E si innamoreranno anche di tutti i personaggi che popolano le storie che fanno da contorno a quella principale, perché unici e straordinari!

Giorgia Cozza, nata a Como, è una mamma-giornalista che scrive saggi per genitori e fiabe per bambini. I suoi manuali (Bebè a costo zero, Benvenuto fratellino, I giochi più stimolanti e creativi e altri) sono diventati un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero. Con Il Ciliegio ha pubblicato Ruffo cambia casa, Un fratellino o una sorellina per Tommi, Avventura tra i ghiacci, Santamarta, Quando la mamma va al lavoro, Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale e Il pane alle noci di Lupone.

Su giorgiacozza.blogspot.it sono presenti tutti i suoi titoli.

Romina Scarpanti vive a Pizzighettone (Cremona) dove illustra e scrive libri per bambini. In veste di autrice ha pubblicato Piccolo ghiro non ha sonno (Ouverture), Pietro e la valigia del nonno (Rusconi Libri) e con il Ciliegio: La balena Gluglù - una nuova amica, Zuccotto - Il re di Halloween, Fogliolino e Fogliolina, Zuccotto - La vera storia di Halloween, Non è Pasqua senza uova, Che rumore fa il Natale? e Zuccotto e il pentolone incantato. Per Il Ciliegio ha inoltre illustrato: Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale, Il pane alle noci di Lupone e Buonanotte sole.

30/06/25

La luce non viene dal faro

 

Lisa Alemanni, laureata in Lettere classiche in crisi esistenziale, vive a Senigallia, dove possiede un vecchio faro in disuso. Qui ospita nei fine settimana James Lisert, uno psicologo alla ricerca di se stesso. Con lui inizia un percorso di psicoterapia basato sull’introspezione e l’interpretazione dei sogni. Lisa riuscirà ad acquisire fiducia in se stessa e deciderà di adibire il faro a B&B. James, terminato il suo ruolo, tornerà a Roma. Ma il forte legame che si è stabilito tra loro li porterà a ritrovarsi al faro, tre anni dopo.

Ecco cosa ci ha raccontato la sua autrice Valeria Villahermosa: 

"Ho scritto questo libro alcuni anni fa, quando ancora meno di oggi, e con più reticenza, si parlava di salute mentale e psicoterapia.

In quel periodo mi ero appassionata alla psicologia analitica di Jung e quasi naturalmente aveva iniziato a emergere questa storia, che pian piano prese forma. Volevo raccontare una forma di terapia che fosse accessibile e che non partisse da una diagnosi precisa, né da un “caso clinico”. Per me era importante restituire l’idea che la psicoterapia potesse essere utile a chiunque sentisse il bisogno di comprendere meglio sé stesso o superare particolari periodi difficili.

Lisa, la protagonista, infatti, non ha una patologia dichiarata, ma vive un malessere esistenziale profondo, paralizzante, che chiunque può aver sentito, anche solo in parte. Più che spiegare o etichettare, mi interessava far sentire: il peso delle giornate che si somigliano tutte, l'incomunicabilità con gli altri, la paura di scegliere, il dolore muto per un lutto mai superato, i problemi di autostima, il tentativo di cambiare e fallire, e poi riprovare.

Tutto cambia per Lisa quando, quasi per caso, incontra James, uno psicoterapeuta in pausa da sé stesso, arrivato al faro per ritrovare un po’ di silenzio. Da quel momento, due solitudini iniziano a dialogare.

Nel costruire questa storia, inoltre, sono partita da un bisogno personale. Io leggo da sempre per cercare comprensione e conforto. Nei libri ho trovato spesso quel tipo di empatia che a volte nella vita reale sembrava mancare. Con questo romanzo ho sperato, nel mio piccolo, di poter restituire a chi legge uno spazio in cui sentirsi accolti, non giudicati e, mi auguro, compresi.

Proprio per questo, le atmosfere del romanzo sono costruite volutamente in modo raccolto, intimo. Amo i luoghi narrativi dove anche gli oggetti sembrano avere un’anima gentile. Nonostante i disagi profondi della protagonista, ho voluto che il contesto – la casa, gli animali, le abitudini, la lentezza – agisse come un personaggio buono, protettivo, quasi curativo.

L’intera vicenda si svolge lungo la costa marchigiana a Senigallia, in una cittadina di mare e all’interno di un vecchio faro ormai dismesso decisione nata da questo desiderio, dal creare uno spazio particolare e significativo ma anche paradossale perché nel mio romanzo, la luce non viene dal faro, ma dai personaggi stessi. Dalla loro fragilità, dalle relazioni, dal tentativo di guarire e di cercare una via, anche senza certezze.

Perché la luce, a volte, arriva dai luoghi più impensati.

E forse è proprio lì che vale la pena cercarla.


Valeria Villahermosa



Valeria Villahermosa nata il 21/08/1991 a Senigallia (AN), dove attualmente risiede. Laureata alla Sapienza in Editoria e scrittura, svolge la professione di impiegata e si occupa di progettazione con i fondi europei.


27/06/25

Iris

 

Iris è un’elefantina nata con la pelle multicolore e per questo emarginata e rifiutata dagli altri elefanti. Crescendo, scopre di poter colorare a suo piacimento ciò che la circonda, una “maledizione” che sarà la causa della sua cacciata definitiva dalla mandria degli elefanti. 

Seguendo le indicazioni di Vanessa, una intraprendente e misteriosa farfalla, l’elefantina viaggia fino alla selva nella speranza di trovare una soluzione al suo problema. Dopo vari incontri e avventure, tuttavia, il potere speciale di Iris da “maledizione” diventerà “talento” e le consentirà di trovare la fiducia e la stima in sé stessa.

Leggiamo cosa ci ha raccontato Gabriele Bovi, autore di questa dolcissima storia:

"Il ragionier Bianchi, che viaggiava molto per lavoro, quando era lontano da casa, tutte le sere alle nove in punto chiamava al telefono la sua figliola e le raccontava una favola della buonanotte. Era il suo modo per starle vicino, colmando la distanza con le parole che davano forma alla sua fantasia, e farle sentire quanto fosse importante per lui. Queste fiabe, narrate da Gianni Rodari nel suo libro "Favole al telefono", hanno accompagnato la mia infanzia e mi hanno fatto appassionare alla lettura, che inevitabilmente apre la mente e stimola la creatività. Come lo stesso Rodari suggeriva in "Tante storie per giocare", proponendo tre finali diversi per ogni storia e invitando poi i bambini come me allora a inventarne di nuovi.

Molti anni dopo, durante la quarantena impostaci dalla pandemia del 2020, mi sono ritrovato mio malgrado nei panni del ragionier Bianchi, lontano da mia figlia, che era ancora molto piccola. Al di là delle videochiamate, come accorciare le distanze e lasciarle un segno che fosse qualcosa di speciale per lei? È nato così "Iris", da un’idea spuntata inaspettatamente tra una piantina di pomodoro innaffiata e una di cetriolo piantata; una storia che è poi cresciuta in modo imprevedibile, con illustrazioni ispirate a un grande artista che a sua volta mi era molto familiare quando ero bambino: Quentin Blake.

Iris, un'elefantina che già nel nome (viene dallo spagnolo, “arcoíris”, ovvero “arcobaleno”) era predestinata al suo talento eccezionale, quello di poter dare colore alle cose a suo piacimento. Peccato che appena nata, essendo lei stessa multicolore, non viene accettata dalla mandria di elefanti e ne viene infine cacciata. Ma come a volte succede anche nella vita reale (se ci pensate bene, vi sarà capitato di sicuro), quando ci si trova in un frangente complicato e sembra che ogni speranza sia persa, arriva un aiuto inaspettato a cambiare la situazione. 

Nel caso di Iris è Vanessa, una variopinta e intraprendente farfalla che riesce a infondere nell'elefantina una nuova fiducia in sé stessa, e la guida lungo un percorso che la porta a scoprire l'amicizia e l'altruismo. È infatti solo grazie all'aiuto di Iris e dei suoi nuovi amici Calma, il bradipo che invano cerca di fare ritorno alla sua terra lontana, e Coral, il serpente corallo che fa paura a tutti, che gli animali della Città riusciranno a combattere la misteriosa malattia che minaccia l'umanità.

In attesa che mia figlia crescesse abbastanza per poter leggere da sola "Iris", altre persone hanno letto questa storia e l'hanno apprezzata, tanto che adesso – e un po’ mi stupisce perché non l'avevo allora previsto – è diventato un libro che potrà stimolare la fantasia di tanti altri bambini, e chissà, forse anche di noi grandi, che troppo spesso ci dimentichiamo delle cose più semplici, che sono anche quelle più importanti.

Gabriele Bovi

Gabriele Bovi, comasco, ha vissuto molti anni in Amazzonia, dove hanno preso vita i libri Pucallpa, la città della terra colorata. Immagini e racconti dall'Amazzonia del Perù (2014) e Ombre nere su terra rossa (2024). Due volte vincitore del premio "Esperienze in giallo", ha esordito nella narrativa per l'infanzia con Tutta colpa delle gelatine alla frutta (2005).

26/06/25

La vecchia cassapanca

 

Ispirato ad una storia vera, il romanzo presenta una saga familiare in cui le protagoniste sono essenzialmente donne, veri fulcri dei nuclei familiari, che lottano nella quotidianità della loro vita, affrontando duro lavoro, miseria, gioie, sofferenze e guerre. Ognuna, con uno sguardo rivolto al futuro, cerca di mantenere unito l’affetto della famiglia e migliorare le condizioni delle successive generazioni. Uno spaccato di storia italiana vissuta da gente comune che attraversa quasi due secoli.


Ecco cosa ci ha raccontato la sua autrice Simona Zanetti:

"Ringrazio mia nonna per avermi raccontato tante volte la storia della nostra famiglia. 

I suoi preziosi ricordi mi hanno restituito immagini vive di un passato attraversato dal dolore e dal coraggio: la Prima Guerra Mondiale, l’influenza spagnola, la parentesi del Ventennio Fascista, la devastazione delle bombe nel Secondo Conflitto; ma anche i ritmi ancestrali della cultura contadina, con i suoi riti, le gioie e i dolori di una vita semplice, dedita al lavoro e alla famiglia.

L’idea di scrivere questo libro è nata in piena pandemia, quando ho avuto modo di fermarmi a riflettere su come, in passato, uomini e donne con risorse ben più limitate delle nostre fossero riusciti a superare drammi epocali. 

Ho voluto così riportare alla luce le vicende della mia famiglia, che ha le sue radici in Lomellina. Il filo conduttore è un’antica cassapanca che viene tramandata di generazione in generazione: una sorta di testimone silenziosa, custode di memorie personali che si intrecciano ai fatti della Storia. 

Fin da giovanissima ho coltivato il desiderio di dare voce a quelle persone umili che, pur restando sullo sfondo dei grandi eventi, hanno contribuito — giorno dopo giorno — a costruire le basi dell’Italia di oggi, da cui hanno potuto svilupparsi e prosperare le generazioni attuali. Le quali, spesso, lo ignorano. 

Perché credo profondamente che, per capire dove vogliamo andare, dobbiamo prima ricordarci da dove veniamo. Questa è la loro storia..."

Simona Zanetti nata nel 1965 a Vigevano, dove vive in una casa in campagna insieme al marito, ai figli e agli amati cani. La sua formazione umanistica l’ha portata a coltivare la passione per la letteratura e per la scrittura, fino all’esordio con i primi racconti per bambini. Nel 2024 al Salone del libro di Torino ha vinto il primo premio con il racconto sulla auto-reclusione “Come un fiore tra le spine”, per il concorso “Adotta l’Orso”. È stato però il forte legame con la sua terra d’origine, la Lomellina, a ispirarle il desiderio di raccontare le storie di vita ascoltate dalla voce della nonna centenaria. È a questi racconti ricchi di umanità che attinge il suo primo romanzo, “La vecchia cassapanca”, edito da Il Ciliegio Edizioni.

25/06/25

Le prime indagini del commissario Lehman

 

Manfred Lehman è il commissario del Nucleo Investigativo della Polizia di Laiano. Elegante, con modi educati, caparbio ma mai sopra le righe, ripone molta fiducia nel suo intuito. Grazie alla fortuna, che sembra assisterlo, e al suo amico e collega, il vice commissario Aldo Mariani, riesce a risolvere casi complessi e apparentemente inspiegabili applicando ai pochi indizi l’uso della logica e del ragionamento.


Ecco cosa ci ha raccontato il suo autore Giuseppe Spiotta: "In un'epoca in cui molti gialli tendono all'eccesso e alla violenza, ho voluto dare vita a un personaggio che si distinguesse per le sue qualità uniche: il Commissario Lehmann. L'ho immaginato come una figura quasi anomala nel panorama spesso ruvido delle forze dell'ordine nella narrativa gialla, caratterizzato da eleganza, gentilezza ed educazione.

La sua raffinatezza, unita a una testardaggine mai eccessiva, lo rende incredibilmente credibile e umano. Lehmann non è un supereroe, ma un investigatore che si affida a una profonda e ostinata fiducia nel proprio intuito.

Nel mio romanzo poliziesco, ho scelto di coinvolgere il lettore passo dopo passo. L'assenza di colpi di scena eclatanti permette di sentirsi parte integrante dell'indagine, seguendo il filo del ragionamento di Lehmann e scoprendo la verità insieme a lui."

Giuseppe Spiotta, cultore di varie forme di espressione artistica, risiede nella verde Brianza dove scrive e dipinge. Attualmente in pensione, è stato direttore commerciale di importanti multinazionali. Ha pubblicato diversi libri e ha all’attivo numerosissimi riconoscimenti in premi letterari nazionali e internazionali. Molti suoi lavori sono stati inseriti in antologie e pubblicati su riviste. Alcuni suoi racconti sono stati inseriti in testi scolastici delle scuole medie. Con Il Ciliegio ha pubblicato: Le streghe del lago, La leggenda dei Corni di Canzo e La Brianza, San Giorgio e il drago, Il tesoro di Colle Brianza e Il pastore che tesseva le nuvole.



19/06/25

Santamarta


SANTAMARTA, IL FANTASY DELLA FAMIGLIA


Una bambina rapita. Tre giovani fratelli decisi a salvarla. Una guerra imminente e una tomba vuota nel cuore della selva di Santamarta, laddove ciò che è, è sempre diverso da ciò che appare…

Un crescendo di avventura, emozioni e colpi di scena in una terra incantata dove la vita e la morte si intrecciano tenendoci con il fiato sospeso, strappandoci lacrime e risate, regalandoci momenti speciali. Momenti che non dimenticheremo.

L’autrice Giorgia Cozza condivide con noi uno sguardo su questa storia fantasy, per bambini dai 10-11 anni di età e per adulti di ogni età che amano le belle storie.

 “Correva l’anno 1235, secondo l’era degli uomini, nella Terra di Altrove.

Qualcosa di importante stava per accadere...

Era un giorno come tanti altri, quello in cui Thias ricevette una lettera dai suoi cugini di Città del Lago. Poche righe vergate in fretta e furia a giudicare dalla calligrafia quasi illeggibile di Teo. Poche righe destinate a cambiare per sempre la vita di molte persone.

Santamarta è la storia di un viaggio. Un viaggio lungo i sentieri della Terra di Altrove e lungo i sentieri dell’anima. Un viaggio che, come tutti i viaggi, ha cambiato la vita di quanti l’hanno compiuto.

È una storia fantastica che si svolge in una terra fantastica, ma non è lontana da noi, dalle storie che abbiamo vissuto e che, forse, ci troveremo a vivere.

Ci sono gli elfi, ma non sono i ‘soliti’ elfi, non hanno orecchie a punta e migliaia di anni sulle spalle. Ci sono i nani, gli gnomi, i marlentini, gli uomini. E gli uomini sì, sono i soliti uomini, perché Santamarta non è una storia di eroi, ma è una storia di persone normali che, qualche volta, si comportano in modo eroico.

Composta da due volumi, Gli eredi della Terra di Altrove e Battaglia per la Terra di Altrove, questa dilogia fantasy tocca temi importanti – la paura, il sacrificio, l’eterna lotta tra il bene e il male, il coraggio -  ma è soprattutto il fantasy della famiglia. I protagonisti principali sono, infatti, fratelli, cugini, genitori, figli.

Santamarta è la storia della saggezza degli anziani che hanno preparato la via, e poi hanno lasciato che fossero i giovani a percorrerla.

È la storia del coraggio dei giovani che, cercando la loro strada, hanno trovato se stessi.

È la storia della forza dei piccoli che, considerati vittime vulnerabili, si rivelano temibili avversari.

Ed è la storia delle loro madri, perché nessuno è pronto a sacrificare la vita come una madre per il proprio figlio. Perché alla fine è l’amore che salverà tutti.

L’amore è la risposta, nella Terra di Altrove e in qualunque terra Voi siate”.

 Un aneddoto legato a questa storia?

 Ve ne racconto tre.

Il primo è che la dilogia è nata come un’unica storia, lunghissima. Così lunga che è stato necessario dividerla in due volumi per la pubblicazione. Ho dedicato molti anni alla stesura di questo storia, scrivevo di notte quando i miei bambini dormivano. È stato un periodo molto felice della mia vita. In quegli anni, con l’aiuto di un’amica, avevo creato anche il sito www.terradialtrove.it (che potete visitare!) e un forum intitolato La locanda della Terra di Altrove, in cui lettori appassionati di fantasy (e più in generale di lettura), si consigliavano e recensivano libri.

Il secondo aneddoto è che per questa storia ho costruito un mondo - la Terra di Altrove -  immaginando e mettendo a punto tutti i suoi aspetti. Ho scritto pagine e pagine di storia, geografia, tradizioni degli elfi, dei nani, degli umani e degli gnomi. Ogni creatura fantastica (unicorni, marlentini, pucek, luporsi, ecc.) è descritta nei minimi dettagli. Avevo fatto anche dei disegni. Ho creato una mappa della Terra di Altrove che grazie a un’amica artista è diventata un quadro di un metro e quaranta per un metro e da anni è appeso nella mia cucina. E a proposito di cucina, per ogni piatto citato, ho scritto la ricetta. Nel libro tutto questo non c’è, in fondo al volume trovate solo una breve appendice con alcune informazioni essenziali. Però era necessario che tutto questo ci fosse nella mia testa, per dare un’ambientazione coerente a tutta la storia.

Ultima curiosità, finora a leggere questa storia sono state in larga parte mamme, poco o nulla appassionate del genere fantasy, che conoscevano i miei libri per bambini. Un bel segno di fiducia che ho apprezzato davvero tanto.

Giorgia Cozza è nata a Como, è una mamma-giornalista che scrive saggi per genitori e fiabe per bambini. I suoi manuali (Bebè a costo zero, Benvenuto fratellino, I giochi più stimolanti e creativi e altri) sono diventati un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero. Con Il Ciliegio ha pubblicato Ruffo cambia casa, Un fratellino o una sorellina per Tommi, Avventura tra i ghiacci, Santamarta, Quando la mamma va al lavoro, Gino Capriccino e i calma-trucchi, La banda delle galline ovaiole, L’uomo nero a colori, La coperta di Natale e Il pane alle noci di Lupone.

Su giorgiacozza.blogspot.it sono presenti tutti i suoi titoli.